dietro le sbarre

Quinto suicidio nel carcere di Montorio in quattro mesi, Verona Radicale: "Basta sovraffollamento"

Non si fermano i casi di suicidio nella casa penitenziaria di Verona: l'associazione organizza quindi un presidio per chiedere l'intervento del governo

Quinto suicidio nel carcere di Montorio in quattro mesi, Verona Radicale: "Basta sovraffollamento"
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L’ennesimo suicidio alla casa circondariale di Montorio avvenuto nella serata di sabato 3 febbraio 2024 dove un 38enne ucraino è stato rinvenuto privo di vita dopo essersi impiccato nella sua cella presso la sesta sezione del carcere: era stato dimesso da poco dal reparto psichiatrico.

L'appello della politica veronese

Ne dà notizia l’associazione nonviolenta di Verona Radicale, denunciando il secondo suicidio nel carcere veronese dall’inizio dell’anno, il quinto in quattro mesi, mentre a livello nazionale la quota dei suicidi dietro alle sbarre sale a 14.

Gli attivisti di Verona Radicale chiedono una tregua da questa fenomeno, il quale evidenzia uno stato di crisi interna alla gestione delle misure carcerarie:

“In Italia, dagli anni settanta stiamo assistendo a un processo di carcerizzazione senza sosta, con un inaccettabile sovraffollamento rispetto ai posti letto ufficiali che è già costato al nostro Paese più condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale ha parlato di 'problema sistemico'.”

Una situazione inaccettabile – affermano – per uno Stato basato sulla tutela dei diritti umani. L’Italia registrerebbe un dato sopra alla media europea delle carcerazioni, da imputarsi forse a misure eccessivamente restrittive adottate anche per reati minori:

“Sul sovraffollamento pesano il ricorso eccessivo alla custodia cautelare, sopra la media europea, nonché le varie leggi repressive emanate negli anni che hanno creato picchi di incarcerazione, come la Fini-Giovanardi in materia di sostanze stupefacenti o la Bossi-Fini sull’immigrazione. Basti pensare che, dei 56.196 detenuti presenti nelle carceri a fine 2022, oltre 19 mila, uno su tre, erano persone alle prese con una condanna ai sensi del Testo Unico sulle Droghe”.

Prendere atto della situazione

Verona Radicale esorta lo Stato ad attuare misure adeguate per porre fine a questi atti estremi, riprendendo le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per cui l’Italia è un Paese basato sulla dignità, dunque in grado di fornire un reinserimento a livello sociale dei detenuti senza sovraffollare le carceri.

Per rendere efficace il proprio dissenso, l’associazione Verona Radicale ha indetto un presidio davanti al carcere di Montorio per giovedì 8 febbraio 2024 dalle ore 17, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione e la sensibilità sulla problematica da parte del governo, affinché possa mettere in campo misure risolutive.

“Il Governo italiano deve agire subito affinché il numero totale dei detenuti sia rapidamente ricondotto alla capienza legale. Occorre poi potenziare le misure alternative, ricorrendo alla pena detentiva solo come extrema ratio e favorendo opportunità pedagogiche e assistenziali, esperienze lavorative e formative che permettano il reinserimento sociale del condannato. Inoltre, va affrontato l’urgente problema della carenza di personale di ogni professionalità nelle carceri (agenti, educatori, direttori, assistenti sociali, mediatori culturali, medici e operatori sanitari, magistrati di sorveglianza), al fine di migliorare le condizioni di vita e di lavoro di tutta la comunità penitenziaria”.

È inoltre in corso lo sciopero della fame promosso da Nessuno tocchi Caino, come atto non violento a fronte delle visite che gli iscritti alle associazioni radicali venete hanno effettuato presso gli istituti penitenziari di Padova, Vicenza e Venezia attraverso l’iniziativa nazionale di Radicali Italiani, "Devi vedere!"; un modo per prendere visione diretta della situazione carceraria italiana.

Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, e Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino dal 22 gennaio 2024 hanno lanciato lo sciopero della fame come atto di protesta affinché vengano prese decisioni definitive come la riorganizzazione carceraria introducendo figure di supporto ai detenuti, ma soprattutto che il carcere noi sia visto come unico rimedio alla criminalità.

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