Caso Moussa Diarra, il Procuratore Tito chiarisce il giallo sulle telecamere di sorveglianza
Il primo punto sui fatti dello scorso 20 ottobre 2024, quando il 26enne del Mali, armato di coltello da cucina, è stato ucciso da un proiettile sparato da un agente della Polfer. La relazione completa arriverà però dalla Scientifica di Padova
A distanza di quasi due mesi dalla morte di Moussa Diarra, 26enne del Mali ucciso da un poliziotto con un colpo di pistola in zona stazione a Verona il 20 ottobre 2024, è intervenuto il Procuratore Raffaele Tito in merito al giallo delle videocamere di sorveglianza: sarebbero tre i dispositivi della zona che hanno ripreso la scena. Ciò chiarirebbe l'effettiva accusa di "eccesso di legittima difesa" contestata all'agente.
Caso Diarra: il Procuratore chiarisce il giallo sulle telecamere
Con un comunicato stampa, il procuratore di Verona Raffaele Tito sgombra il campo sul ruolo delle riprese del circuito di videosorveglianza nella ricostruzione dei fatti della morte di Moussa Diarra.
Il 26enne originario del Mali è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente della polizia ferroviaria, minacciato con un coltello da cucina, dopo due colpi di avvertimento. L’agente avrebbe poi provato a rianimare Moussa fuori la stazione di Verona Porta Nuova, teatro della tragedia, ma non c’era più nulla da fare.
“In riferimento alle indagini preliminari sul tragico episodio che ha portato alla morte del giovane Diarra Moussa, sento la urgente necessità, siccome apprendo essere in circolazione informazioni non esattamente corrette, di chiarire alcuni aspetti riguardanti il funzionamento del sistema di riprese video della locale stazione ferroviaria, luogo dove è avvenuto il fatto”.
I punti toccati
Questa la premessa del procuratore, che fissa alcuni punti fermi. Il primo:
“Il decesso è avvenuto pacificamente all’esterno dell’immobile verso le ore 7-7,10 del mattino”.
Quindi la sparatoria non si è verificata nell’atrio interno della stazione, ma oltre le porte di accesso.
Il secondo punto si riferisce alle telecamere esterne:
“Esistevano ed esistono tre sole telecamere che riprendono ed hanno ripreso l’esterno dell’immobile. Una è indirizzata verso il piazzale e ha potuto così documentare uno dei tre colpi esplosi. Le altre due telecamere, se pur posizionate relativamente e lateralmente lontano dal luogo del fatto, hanno ripreso e registrato il momento degli spari e la caduta a terra del giovane ragazzo”.
Quindi tutte e tre le telecamere funzionavano, anche se quelle che hanno ripreso la caduta di Moussa erano lontane. Manca, di conseguenza, una ripresa diretta degli spari. Nessuna indicazione, invece, su possibili telecamere panoramiche installate nel piazzale e su eventuali riprese in direzione della facciata.
La relazione completa - conclude Tito - arriverà comunque dalla Scientifica di Padova. L’analisi delle immagini può dunque chiarire cosa sia accaduto prima dello sparo dei colpi, l’atteggiamento di Moussa, il fatto se avesse per davvero in mano un coltello, la distanza tra il 26enne e gli agenti ed eventuali contatti fisici.
Intanto, il fratello della vittima, gli avvocati e il comitato continuano la ricerca di nuovi testimoni di quella mattina.