Vuoi fare il medico di base a Verona? I sindaci ti offrono la casa e l'ambulatorio
Nonostante l’ultimo bando regionale lanciato da Azienda Zero offrisse oltre 350 incarichi, sono stati solo 35 i candidati e appena 15 quelli che hanno accettato davvero il posto

In provincia di Verona, come in molte altre zone del Veneto, la carenza di medici di base sta diventando sempre più grave. Nonostante l’ultimo bando regionale lanciato da Azienda Zero offrisse oltre 350 incarichi, sono stati solo 35 i candidati e appena 15 quelli che hanno accettato davvero il posto. Un numero che non basta neppure a tamponare l’emorragia di professionisti, con 339 sedi ancora vacanti.
Medici di base, primo bando 2025: solo 15 incarichi accettati nel Veronese
Il primo bando del 2025 per l’assegnazione degli incarichi ai medici di base nel Veronese si è chiuso con risultati scoraggianti. A fronte di 354 posti vacanti ad aprile, sono pervenute solo 35 domande e, alla convocazione del 28 maggio, appena 15 medici hanno effettivamente accettato l’incarico. Di conseguenza, al 10 giugno 2025 restano ancora scoperti 339 incarichi.
Distribuiti nei quattro distretti sanitari provinciali, gli incarichi vacanti sono:
- Distretto 1 (Verona città, cintura e Lessinia): 106
- Distretto 2 (Est veronese): 63
- Distretto 3 (Pianura): 67
- Distretto 4 (Lago): 103
Tra i pochi che hanno accettato, c’è un solo medico già in servizio che ha chiesto il trasferimento, due sono stati selezionati dalla graduatoria regionale, uno è un diplomato e gli altri undici sono corsisti in formazione, di cui solo uno al terzo anno. Numerose sono state le rinunce, specialmente da parte dei giovani in formazione.
La situazione preoccupa non solo i cittadini, ma anche le sigle sindacali come lo Spi-Cgil e la Federazione dei Medici di Medicina Generale.
Il segretario dello Spi-Cgil Verona, Adriano Filice, parla di un’emergenza che colpisce in particolare gli anziani:
"È sempre più difficile trovare un medico disponibile e capace di dedicare il giusto tempo alle persone".
A questa crisi si somma l’impossibilità di prenotare esami e visite in tempi accettabili, spingendo molti a rinunciare alle cure.
Filice chiede un cambio di passo deciso: "Il fallimento del nuovo modello del medico di ruolo unico dimostra che servono interventi più incisivi. Regione e Governo devono fare della medicina territoriale una priorità".
I sindaci cercano soluzioni: offrono la casa e l'ambulatorio
Di fronte a un sistema sanitario in difficoltà, i sindaci si stanno muovendo in prima persona. Da San Bonifacio a Vestenanova, passando per Sona e San Giovanni Ilarione, i primi cittadini cercano soluzioni concrete: offrono ambulatori gratis, alloggi comunali, valutano prefabbricati o cercano direttamente i medici. Ma spesso non basta.
A San Bonifacio, ad esempio, il sindaco Fulvio Soave ha messo a disposizione un ambulatorio gratuito e un alloggio senza affitto per un anno, ma non è riuscito comunque ad attirare un nuovo medico.
A Sona, invece, spazi pubblici sono stati affittati perché, come spiega il sindaco Dalla Valentina, "un ente non può dare gratuitamente un edificio a un libero professionista".
Pochi incentivi, troppa burocrazia
Il mestiere del medico di famiglia non attrae più. Da un lato ci sono i giovani laureati, che preferiscono percorsi specialistici ospedalieri, con borse più sostanziose (1.800 euro contro i 900 euro mensili del corso di medicina generale) e prospettive più chiare. A scoraggiare chi entra nella professione sono soprattutto i carichi burocratici, l’assenza di ferie, malattia, tredicesima, e il dover sostenere spese per affitti, utenze e sostituti. A conti fatti, lo stipendio netto per un medico con 800 pazienti si aggira intorno ai 2.000 euro, a fronte di giornate lunghe, pazienti esigenti e un sistema in crisi.
Dall'altro, c'è chi questo lavoro lo fa da oltre vent'anni. Un esempio concreto è la scelta della dottoressa Elisa Dalla Benetta, medico di base a Zimella, che ha deciso di lasciare il proprio incarico a luglio. In una lettera rivolta ai suoi 1.500 assistiti, denuncia un lavoro diventato impossibile tra richieste burocratiche, mancanza di colleghi e un sistema sanitario che si sta sgretolando.

"Non riesco più a lavorare con rigore", scrive. "La rete di assistenza territoriale si sta sfaldando. Perfino l’oncologia domiciliare è ferma da mesi per mancanza di specialisti".
Una vicenda "emblematica" di un settore in crisi, come l'ha definita la consigliera regionale del Pd, Anna Maria Bigon:

"La vicenda della dottoressa Elisa Dalla Benetta, che ha annunciato di lasciare il suo incarico di medico di famiglia a Zimella è emblematica di una situazione che da tempo denunciamo. Un'uscita di scena dovuta, come ha spiegato la stessa professionista, a condizioni di lavoro insostenibili, tra carichi burocratici, ritmi incessanti e stress. È evidente che questo scenario porta i medici a rinunciare e, al tempo stesso, impedisce nuovi ingressi in grado di coprire le carenze croniche. Oggi sono 354 le zone carenti nella provincia di Verona ".
"La Regione deve intervenire, investendo in supporto amministrativo per togliere lavoro burocratico ai medici di famiglia, ma anche agli ospedalieri. Figure ormai totalmente assorbite dagli adempimenti, obbligate a compilare documenti col risultato che il loro lavoro, ovvero curare le persone, diventa praticamente impossibile. A maggior ragione di fronte a numeri di utenza enormi determinati da organici ridotti all'osso.
Bisogna formare nuovo personale amministrativo, che non manca di certo. E portare in discussione la legge sulla specializzazione universitaria, per rendere più attrattiva la professione. Nel caso della dottoressa Dalla Benetta c'è inoltre l'aggravante del fatto che si tratta di un medico che collaborava con le mamme No-Pfas. E dunque la sua rinuncia forzata può rappresentare una perdita anche sul fronte della salute collettiva in una zona colpita da questo epocale e gravissimo inquinamento".