L’Italia intera si ferma nel dolore per i tre Carabinieri che hanno perso la vita a Castel d’Azzano, travolti dall’esplosione che ha devastato un casolare in via San Martino nella notte di martedì 14 ottobre 2025.
Proclamato il lutto nazionale
Il Consiglio dei Ministri, riunito d’urgenza a Palazzo Chigi, ha proclamato due giorni di lutto nazionale e disposto i funerali di Stato. Un minuto di silenzio, chiesto dalla presidente Giorgia Meloni, ha aperto la riunione:
“È un dovere morale e istituzionale rendere omaggio a chi ha dato la vita per l’Italia”.
Qui di seguito il video pubblicato dall’Arma dei Carabinieri in onore a Marco Piffari, Valerio Daprà, Davide Bernardello.
Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso “sconcerto e dolore”, stringendosi idealmente all’Arma dei Carabinieri e alle famiglie delle vittime. Venticinque i feriti, alcuni ancora ricoverati, per i quali il Capo dello Stato ha inviato “auguri di pronta guarigione”.
Le vittime dell’esplosione
I carabinieri morti nell’esplosione: Valerio, Davide e Marco.
- Brigadiere capo Valerio Daprà: Nucleo Operativo Radiomobile Compagnia di Padova – Aliquota Primo Intervento, nato a Brescia il 9 ottobre 1969. Arruolato nel 1988. Lascia una compagna e un figlio di 26 anni.
- Luogotenente Marco Piffari, comandante Squadra Operativa Supporto Battaglione Mobile di Mestre, classe 1969, originario di Taranto ma cresciuto a Rezzato (Brescia). Arruolato nel 1987.
- Carabiniere scelto Davide Bernardello, Nucleo Operativo Radiomobile Compagnia di Padova – Aliquota Primo Intervento, nato a Camposampiero (Padova) il 31 agosto 1989. Arruolato nel 2014.

Il racconto del sopravvissuto
Domenico Martella, carabiniere 25enne, ferito durante l’intervento, ha raccontato quegli istanti drammatici in un’intervista dal letto del suo ricovero in ospedale:
“L’esplosione, poi il buio e le urla. Tragedia immensa. Ricordo che ero sulla scalinata con lo scudo alto, poi in meno di un secondo un’esplosione, le macerie mi hanno schiacciato e poi il buio e le urla. Ho avuto fortuna, sono qua adesso ma il pensiero va sempre a loro, a chi non c’è più”
Aggiunge, riferendosi al suo comandante luogotenente Marco Piffari e agli altri colleghi caduti.
“È una tragedia immensa che non si può spiegare. Continuerò a fare il carabiniere“
“Non avevamo così tante perdite da Nassiriya”
Il generale Salvatore Luongo, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, è arrivato a Verona per incontrare i colleghi e i familiari dei militari caduti. Visibilmente commosso, ha ricordato la drammatica portata della tragedia:
“Era dalla strage del Pilastro e da Nassiriya che non avevamo così tante perdite. Le vittime e i feriti sono gente del popolo che vive per il popolo”.
Insieme a lui, nella caserma di via Salvo d’Acquisto, anche il comandante della Legione Carabinieri Veneto Giuseppe De Liso, il questore Rosaria Amato, il prefetto Demetrio Martino e il vescovo Domenico Pompili. Fiori, silenzio e divise schierate hanno accompagnato una giornata segnata dal lutto e dal raccoglimento.
Nel pomeriggio, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha raggiunto le camere mortuarie di Borgo Roma, dove ha abbracciato i familiari dei tre carabinieri, sostenuti dagli psicologi dell’Ulss.
“È come perdere un pezzo di famiglia. Uno di loro mi ha confidato: siamo carabinieri, sappiamo di dover rischiare”.
Il cordoglio di istituzioni e cittadini
Le bandiere a mezz’asta su Camera e Senato hanno segnato l’inizio del lutto nazionale. “Una ferita grave per lo Stato”, ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa, invitando l’Aula a un minuto di silenzio. Gli ha fatto eco il presidente della Camera Lorenzo Fontana, che ha parlato di “sgomento e profonda vicinanza ai familiari”.
Il governatore del Veneto Luca Zaia ha definito quanto accaduto “un bollettino di guerra”, invocando giustizia per le vittime:
“Il boato si è sentito fino a cinque chilometri di distanza, immagini quale carica esplosiva abbia travolto quel casolare”.
Il post pubblicato da Zaia, ha preso spazio per ricordare in particolare il luogotenente Marco Piffari, 56 anni, residente a Trebaseleghe, comandante della Squadra Operativa Supporto del Battaglione Mobile di Mestre.
Dai leader politici ai cittadini comuni, il dolore è unanime. Castel d’Azzano, piccolo comune alle porte di Verona, è diventato il nome di un lutto collettivo, simbolo di coraggio, dedizione e sacrificio.
Il racconto dei vicini
L’esplosione ha svegliato persone anche a chilometri di distanza, mentre i vicini immediati hanno percepito l’evento in modo sorprendentemente attenuato. Maria Zarattin, residente accanto alla casa dei Ramponi, racconta:
“Io non ho sentito nulla e mi sono accorta che c’era qualcosa di strano solo quando sono arrivati i mezzi di soccorso a sirene spiegate”.
Renzo Moschin, a poche decine di metri, ricorda:
“I tre fratelli li ho visti crescere, ma non posso dire di conoscerli. Non salutavano sempre e non parlavano molto”.
Più lontano, a Forette di Vigasio, due persone a 700-800 metri hanno visto tremare i vetri: un boato così potente da essere avvertito anche a nord, verso Vigasio, e a est, verso Buttapietra. Molti cittadini si sono mossi a piedi o in bicicletta lungo la ciclabile delle Risorgive per capire cosa fosse successo, mentre le forze dell’ordine delimitavano l’area.
L’ossessione per la casa e i precedenti con l’ufficiale giudiziario
Già nel 2024 i Ramponi avevano minacciato di saturare la casa con il gas per evitare lo sfratto. Franco e Maria Luisa erano saliti sul tetto per due giorni, costringendo Carabinieri e Vigili del Fuoco a una lunga mediazione.
Sostenevano di essere stati “ingannati” dal sistema giudiziario e di essere vittime di una “truffa bancaria”. In un’intervista rilasciata un anno fa, Maria Luisa Ramponi diceva:
“Con mio fratello lottiamo da cinque anni per avere giustizia. Ci hanno portato via tutta l’azienda agricola, terreni e casa. Abbiamo riempito la casa di gas per riuscire a lottare. È stato un pignoramento ingiusto, e nessuno ci ha mai aiutati”.

La sindaca Guadagnini: “Avevano rifiutato ogni aiuto”
La sindaca di Castel d’Azzano, Elena Guadagnini:
“La verità è che non volevano essere aiutati, erano adulti, lucidi e determinati a restare nella loro casa. Noi ci abbiamo provato in ogni modo”.
Il Comune aveva tentato di offrire assistenza e mediazione, coinvolgendo i servizi sociali.
“La nostra assistente sociale era riuscita a instaurare un piccolo rapporto con Maria Luisa, ma lei è rimasta sempre ferma sulla sua posizione. La casa era la loro vita, abbiamo provato ad offrire ospitalità temporanea ma hanno rifiutato tutto”.
A Castel d’Azzano il Comune ha proclamato sei giorni di lutto cittadino fino a domenica sera. Nelle scuole, venerdì sarà osservato un minuto di silenzio per ricordare i tre carabinieri caduti e le vittime di una tragedia che ha scosso l’intero Paese.