La Procura della Repubblica di Verona ha chiesto l’archiviazione per il poliziotto della Polizia Ferroviaria indagato per omicidio colposo in relazione alla morte di Moussa Diarra, il 26enne ucciso con tre colpi di pistola il 20 ottobre 2024 davanti alla stazione di Verona Porta Nuova.
Secondo l’ufficio inquirente, coordinato dal procuratore Raffaele Tito, si sarebbe trattato di legittima difesa: l’agente avrebbe sparato solo dopo essere stato aggredito e messo in pericolo.
Come riportato nella nota ufficiale della Procura, Diarra si sarebbe avvicinato al poliziotto “con un’aggressività ingiustificata“, mantenendo una distanza ravvicinata e impugnando un coltello da cucina con una lama di 11 centimetri. Nonostante i tentativi di allontanamento, avrebbe continuato ad avanzare fino a colpire l’agente, che a quel punto reagì esplodendo tre colpi di pistola.
L’intervento della Polfer e la sparatoria
La mattina del 20 ottobre 2024 qualcosa era cambiato: le telecamere cittadine lo avevano ripreso mentre, armato di coltello, danneggiava vetrine e tentava di aggredire alcuni agenti della Polizia Locale, costringendoli alla fuga. Poco dopo, Diarra era tornato nei pressi della stazione di Verona Porta Nuova, dove aveva ripreso a comportarsi in modo aggressivo, scagliandosi infine contro un agente della Polizia Ferroviaria.

Colpito da distanza ravvicinata, il poliziotto aveva esploso tre colpi di pistola, uno dei quali mortale. Il proiettile fatale lo aveva raggiunto al torace, all’altezza del cuore, mentre un altro avrebbe potuto sfiorarlo tra la spalla e il collo, secondo quanto emerso dall’esame medico legale.
Dopo gli spari, lo stesso agente avrebbe tentato di rianimare il giovane, ma Moussa è deceduto pochi minuti dopo. Dalle analisi postume sarebbero inoltre emersi segni compatibili con possibili torture subite in passato, probabilmente durante la sua permanenza in un centro per migranti in Libia, prima del suo arrivo in Italia.
Gli atti dell’indagine sono ora stati trasmessi al giudice per le indagini preliminari, che dovrà valutare la richiesta di archiviazione e decidere se accoglierla o disporre ulteriori approfondimenti.
La vita di Moussa prima della tragedia
Moussa Diarra era arrivato in Italia nel 2016, dopo un lungo viaggio dal Mali attraverso Algeria e Libia, fino a sbarcare a Lampedusa. A Verona aveva trovato un lavoro regolare come operaio agricolo, ma negli ultimi mesi viveva un profondo disagio. Dopo la morte del padre, avvenuta tre mesi prima della tragedia, aveva smesso quasi del tutto di parlare e trascorreva le giornate al centro di accoglienza “Ghibellin Fuggiasco”.
Il 10 ottobre 2024 avrebbe dovuto rinnovare il permesso di soggiorno, ma non si era presentato all’appuntamento. Secondo il fratello Djembang, Moussa non era mai stato una persona violenta, ma da tempo appariva turbato.