Cavalier Franchini, il benefattore del fare

Stefano, noto macellaio originario di Quaderni, ha ricevuto l’onorificenza dell’ordine al merito della Repubblica

Cavalier Franchini, il benefattore del fare
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Stefano, noto macellaio originario di Quaderni, ha ricevuto l’onorificenza dell’ordine al merito della Repubblica

«La beneficenza non deve essere detta ma fatta». Parola di Stefano Franchini.

Incipit che delinea e determina i paletti di questa intervista, con l’uomo Franchini e non con l’imprenditore, dopo una lettera spedita lo scorso 8 settembre. Mittente prefettura di Verona. «L’ho aperta qui (l’ufficio sul retro della macelleria di Mozzecane), dopo averla letta sono andato dai miei collaboratori, ho chiesto loro di fermarsi un minuto, l’ho riletta e qualche lacrima è scesa».

Emozione che si ripresenta anche ora. Stefano Franchini, classe 1961, è Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica. La motivazione dell'onorificenza è racchiusa in una parola che sa d’altri tempi, protesa verso il noi anziché verso l’io: benefattore.

«Non me l’aspettavo, non ci ho nemmeno mai pensato» e nuovamente in questa difficilissima intervista, ripete come un mantra il concetto la sua linea guida: «La beneficenza non deve essere detta, va fatta. Avere per questo, la ribalta pubblica, non so come spiegartelo, ma non è che mi piaccia. A parte mia moglie e mio figlio, nessuno, nemmeno i miei collaboratori o amici ha mai saputo. Non specificherò mai chi ho aiutato o perché, non è questo che conta».

Franchini personaggio eclettico, macellaio che ha reinventato il tastasàl, che è salito a bordo della 1000 miglia e assieme al compagno di viaggi e passione per le auto d’epoca, Giorgio Ciresola, sta ottenendo buoni piazzamenti; l’uomo che, senza corsi, è la l’impersonificazione della comunicazione efficace. Sulla beneficenza tace, si ritrae. Poche, pochissime parole, perché, la beneficenza non si racconta, si fa in silenzio.

Qual è il motivo che la porta ad aiutare il prossimo?
«Perché sono un uomo fortunato, ho la salute che è determinate, ho anche una testa, diciamo, particolare, inoltre penso che potrebbe capitare anche a me di avere bisogno».
Fare del bene porta bene?
Riflette qualche istante. «Nessuno ti è riconoscente, è nella natura umana e soprattutto non lo fai aspettando qualche cosa in cambio. Per me, è giusto farlo». Mantenendo la promessa di non dettagliare, dal terremoto in Emilia alle famiglie del circondario in difficoltà  aiutate al calar della sera, lontano da occhi che avrebbero visto e bocche che avrebbero certamente parlato. Azioni verso l’altro, che hanno valicato i confini veronesi, e quel gesto che da decenni lo porta ogni tre mesi a donare il sangue, passando da un aiuto che ha salvato e salvaguardato un vita, i gesti verso l’altro, sono tanti e soprattutto continui; mai sporadici, mai dettati dal buonismo di circostanza.
A chi dedica questa onorificenza?
«Alla mia famiglia e ai miei collaboratori».
Si può fare del bene solo se si è economicamente benestanti?
«No, ognuno con i propri mezzi, non dipende dal quanto hai, ma da quanto vuoi dare».
La conosciamo anche per essere stato protagonista della corsa delle corse: la Mille miglia: cosa ne pensa il suo compagno di avventura Giorgio Ciresola?
Franchini torna loquace. «Lo chiamiamo al telefono, così le risponde». 
Eccolo. «Sono molto orgoglioso, dà lustro alla nostra generazione», dice Ciresola.
Lo chiamerà cavaliere?
«Non credo proprio!». Entrambi scoppiano in una sonora risata.
Il giorno dell’investitura dovrà indossare la cravatta?
«Credo di sì, vorrà dire che farò anche questo».
Mi scusi, tutto questo la rende felice?
«Soddisfatto, il cavalierato comunque non cambierà nulla».
Continuerà a fare senza dire?
«Certamente. Non ho mai smesso».
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