Lobiettivo «sensibile» di Dolci è lessenziale
La storia di un azzanese di grande talento. Dai primi contatti con la Rolleiflex del papà fino all’ incontro con la Canon a pellicola

La storia di un azzanese di grande talento. Dai primi contatti con la Rolleiflex del papà fino all’ incontro con la Canon a pellicola
La sua passione per la fotografia l’ha ereditata da suo padre, che con la sua Rolleiflex prima e la sua Canon a pellicola poi, gli ha donato i primissimi insegnamenti tecnici e la capacità di osservare il mondo con curiosità e voglia di scoprire. Oggi, a 40 anni, dopo aver coltivato nel corso della sua vita questa grande passione, che l’ha portato negli ultimi anni a frequentare diversi corsi di approfondimento studiando le monografie dei grandi fotografi e mantenendo in parallelo sempre vivo l’interesse per l’arte e la pittura, il suo approccio al mondo fotografico è diventato un continuo esercizio profondo d’osservazione.
Michele Dolci, grazie ai suoi scatti, in particolare quelli paesaggistici e ritrattistici, si è lasciato trasportare dal desiderio di scoprire ed emozionarsi. «Tramite questa forma artistica cerco di esprimere quello che ho dentro. Le mie foto rispecchiano i miei sentimenti. Grazie alla fotografia ho imparato ad ascoltare, a mettermi in relazione profonda con i miei soggetti; inoltre, mi ha insegnato ad essere me stesso, a tirare fuori quegli aspetti che altrimenti non uscirebbero mai e a osservare il mondo, attraverso tutti i sensi, senza riprodurre il superfluo, ma solo l’essenziale - spiega il fotografo azzanese - Le sensazioni che provo durante l’atto fotografico dipendono dal soggetto e dalla sua storia: a volte provo tristezza e commozione, altre volte gioia e felicità. Quando sono immerso nella natura, alla ricerca di nuove prospettive, mi sento pieno di stupore e meraviglia. Il mio intento è di dare come risultato un suggerimento di quel momento, un’istantanea che colga i sentimenti del soggetto e dia al pubblico la possibilità di potercisi immergere».
Il narratore di immagini di Castel d’Azzano, che ama fotografare la natura, i volti femminili, gli animali, la quotidianità, la musica, la danza e anche tematiche rilevanti come la violenza sulle donne, ritiene importante, nell’era del digitale, non farsi schiacciare dal continuo bombardamento di immagini che ci viene somministrato, ma imparare a guardare sempre con occhi nuovi. «I miei lavori - prosegue lo stesso - non devono insegnare, ma comunicare qualcosa: una riflessione, una curiosità, un ricordo. Il messaggio presente nelle mie opere è quello dell’ascolto: ascoltare, ascoltarsi e soffermarsi sull’essenzialità della vita».
L’artista veronese, amante anche del bianco e nero perché gli permette di far risaltare l’essenziale e i dettagli, ha partecipato, ottenendo ottimi piazzamenti e giudizi positivi dalla critica, a numerosi concorsi sia nazionali che internazionali: dal Mifa di Mosca al premio «Basilio Cascella» di Ortona, dal Tifa di Tokio al «Flavio Cristini» di Valeggio . Dolci, che predilige scattare nelle ore del tramonto quando le ombre allungandosi abbracciano i soggetti e ne aumentano il contrasto, conclude dicendo: «Una foto non deve essere spiegata o avere un significato universale, ognuno deve essere in grado di recepire e vedere in essa il proprio stato d’animo, le proprie sensibilità».