Andrea Mantovanelli, lo chef pluripremiato
Intervista allo chef di Sommacampagna, neanche quarantenne studia sugli elementi e sui cambiamenti del proprio mestiere almeno due ore al giorno. Ha partecipato a diverse competizioni

Intervista allo chef di Sommacampagna, neanche quarantenne studia sugli elementi e sui cambiamenti del proprio mestiere almeno due ore al giorno. Ha partecipato a diverse competizioni
Si chiama Andrea Mantovanelli, vive a Sommacampagna e non ha nemmeno quarant’anni; studia sugli elementi e i cambiamenti del proprio mestiere almeno due ore al giorno e definisce la categoria dei cuochi come dei veri atleti. Questo è un primo e già intrigante ritratto di uno degli chef migliori d’Italia, senz’altro uno dei più premiati, soprattutto se si considera la giovane età. «A 14 anni avevo già ben chiaro che volevo fare il cuoco» racconta Andrea, senza riserve nè incertezze.
Da lì la decisione di frequentare la scuola alberghiera. E poi? Lavoro, tanto e in tanti posti diversi, per fare esperienza, a livelli sempre più elevati: «Sono stato nelle cucine di vari ristoranti di Verona, ma devo dire che il mio Maestro, colui che mi stimola sempre a tenermi al passo, rimane Fabio Tacchella, con cui mi confronto sempre». Un confronto che, a quanto pare, serve: sei anni fa, per Andrea sono arrivati i primi Campionati italiani di cucina, poi, nel 2015, la Coppa del Mondo in Lussemburgo, dove Mantovanelli ha ottenuto la medaglia di bronzo, e sempre nel 2015 lo chef si è laureato Cuoco dell’Anno d’Italia.
Il racconto, sempre portato avanti da Andrea con un profilo basso, che non soffoca la naturale fermezza della voce ma lascia intuire una grande umiltà, continua ed è piuttosto impressionante: «Nel 2016 sono stato ai Campionati Mondiali di Finger food a Innsbruck e presso Stoccarda: qui abbiamo vinto un oro e un bronzo». Il suo è un lavoro che impegna sia singolarmente sia a livello di squadra, come è successo per le Olimpiadi di cucina in Germania, di nuovo nel 2016, competizione in cui l’equipe cuochi del Veneto si è classificata al terzo posto. E quanto orgoglio per il premio ottenuto il 29 gennaio di quest ’anno, a Lione, nella gara che si disputa ogni due anni chiamata International Catering Cup, dove gli italiani hanno realizzato il miglior piatto di carne, una spettacolare trilogia di maiale.
Ma la corsa di Andrea non si arresta certo qui, anzi, è appena cominciata: «Alla fine dell’anno sarà a Lione per i Mondiali di patè in crosta, e sono il primo chef italiano che vi partecipa. Poi inizierò la preparazione per i Mondiali di cucina in Lussemburgo». Appare evidente che, per coltivare una passione così grande con questi risultati, è necessaria una disciplina personale altrettanto grande, che comporta sacrifici e sforzi notevoli. Eppure allo chef non sembrano pesare più di tanto, a sentire la calma con cui parla della sua giornata, che prevede sempre le due famose ore di studio e di lavoro su ingredienti, preparazioni, variazioni e novità.
«In certi periodi, quando il focus è sulle competizioni più impegnative, noi cuochi arriviamo a modificare la nostra alimentazione per poter sostenere la gara. Possiamo dirci atleti a tutti gli effetti, perchè alcune competizioni durano anche dei giorni ed è necessario mantenersi lucidi: non possiamo permetterci cali di zuccheri, anche se talvolta non si dorme per molte ore. Tutto al fine di lavorare con precisione fino in fondo, curando il dettaglio». Sono un esempio di questi tour de force le Olimpiadi, durante le quali i concorrenti non hanno dormito per tre giorni, o l’International Catering Cup, dove ci sono state solo un paio d’ore di riposo su una gara lunga due giorni.
«La preparazione fisica e quella psicologica sono essenziali per affrontare al meglio le competizioni di alto livello, dove parenti e connazionali vengono a tifare per le proprie equipe, è presente molto pubblico e la musica è molto alta: per prepararci in questo senso facciamo delle vere e proprie simulazioni, che aiutano a non perdere mai la concentrazione».
Con un elegante tocco di amicizia e professionalità, Mantovanelli ricorda un altro grande chef di Sommacamapgna, Luca Fasoli, team manager dell’equipe dei cuochi veneti.