«San Girolamo», il caseificio ultracentenario
Si tramanda di padre in figlio da quattro generazioni l’arte di fare il formaggio a Rosegaferro, superando guerre e difficoltà quotidiane

Si tramanda di padre in figlio da quattro generazioni l’arte di fare il formaggio a Rosegaferro, superando guerre e difficoltà quotidiane
Nella frazione di Rosegaferro esiste un caseificio che produce Grana Padano dal 1908: l’attività si è interrotta solo dal 1915 al 1918 e successivamente dal ‘43 al ‘45, perché durante le due Guerre Mondiali: «La produzione di latte della zona veniva mandata in città per sfamare la popolazione in difficoltà, e il caseificio, privo della materia prima, rimase fermo» spiega Gianmaria Cordioli, ovvero la terza generazione nell’attività di famiglia, il caseificio San Girolamo. Gli edifici in cui si trova ancora oggi ricordano però anche un’altra guerra, come spiega il signor Gianmaria: «Durante la terza Guerra d’indipendenza, quando si svolse la battaglia di Custoza, questo edificio era un circolo ufficiali e, quella che ora è la sala adibita alla produzione del Grana Padano, era allora il ricovero dei muli.
Anni dopo i contadini di Rosegaferro decisero di formare una cooperativa con la quale nel 1908 fondarono il caseificio, successivamente rilevato da mio nonno, Giovanni Cordioli, nel 1937». Quando prese avvio la produzione del formaggio, la stalla dei muli dell’esercito venne riutilizza come porcilaia: «Del latte usato nel processo di produzione, solo il 20 per cento diventa effettivamente formaggio, l’80 per cento rimanente è un liquido di scarto che, essendo ricco di proteine, un tempo era fondamentale per l’alimentazione dei maiali, di cui un allevamento affiancava sempre le attività casearie» chiarisce G iampaolo, figlio di Gianmaria e Nerina, che lavora oggi nel caseificio insieme alla sorella Serena, e prosegue: «Nella prima metà del Novecento il latte era l’unica produzione che in zona dava da vivere alle famiglie. La coltivazione delle pesche, che oggi occupa gran parte dei terreni, è stata introdotta solo a partire dagli anni ‘50, invece il Grana Padano è sempre stato un prodotto tipico, per il quale abbiamo ricevuto anche il premio come miglior formaggio di tutte le categorie nel concorso “Caseus veneti”».
Giampaolo racconta infatti che tutte le famiglie della campagna nei dintorni possedevano una stalla e qualche mucca, come testimonia il registro di raccolta del latte dal 1958 al 1961, conservato con particolare riguardo dalla famiglia in quanto documento storico della propria attività: «Fa una certa impressione pensare che una volta la nostra azienda lavorava solo un quinto della quantità di latte rispetto a oggi, ma aveva circa un centinaio di conferenti, mentre oggi solo tre. I nomi delle famiglie di Rosegaferro segnati nel registro (Nini, Pontirol, Sante Fusel, Raseta, Polentina, Miola) sono in realtà soprannomi perché il novanta per cento di loro erano sempre Cordioli».
La raccolta del latte dai produttori veniva svolta inizialmente con metodi piuttosto alternativi, come racconta Gianmaria: «Era un compito affidato per lo più alle mie zie, che andavano anche fino a San Zeno di Mozzecane a raccogliere il latte con un carrettino trainato da due grossi cani. Per lo più la procedura si svolgeva senza intoppi, con i cani che ricevevano contenti qualche goccio di latte da ogni produttore al momento della consegna e svolgevano docilmente il loro ruolo, ma una volta andò diversamente: uno dei due cani vide un gatto e partì all’inseguimento rovesciando tutto il latte e gettando nello sconforto le zie che non sapevano come riferire a casa di aver perso tutta la raccolta della giornata». Il caseificio ultracentenario è pieno di storie di fatiche quotidiane come questa che nei decenni gli hanno permesso di crescere.