Materne: ecco quanto spendono i Comuni

Pubblicati dall’associazione «Openpolis» i dati relativi ai bilanci 2014, abbiamo esaminato la spesa degli enti locali del nostro territorio: Valeggio primeggia, Povegliano stenta

Materne: ecco quanto spendono i Comuni
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Pubblicati dall’associazione «Openpolis» i dati relativi ai bilanci 2014, abbiamo esaminato la spesa degli enti locali del nostro territorio: Valeggio primeggia, Povegliano stenta

L’importanza della scuola dell’infanzia è evidente. Innanzitutto si tratta del primo vero approccio del bambino con la socialità al di fuori del nucleo ristretto della famiglia e permette la costruzione di tutti i prerequisiti necessari a un buon inserimento nel mondo scolastico. In secondo luogo, aspetto non meno importante nella realtà quotidiana delle famiglie italiane in cui spesso entrambi i genitori lavorano a tempo pieno senza la possibilità di una flessibilità oraria, risponde alla necessità di affidare i propri figli a educatori adeguatamente preparati. C’è però un aspetto importante che rende la gestione delle scuole dell’infanzia molto diversa dagli altri gradi scolastici: esse non rientrano nella scuola dell’obbligo secondo la legge statale. Per tale ragione c’è un margine più alto di variabilità nelle offerte presenti nei diversi Comuni, che non sono obbligati a investire in questa fascia scolastica.

Per lo stesso motivo non sempre è semplice riuscire a iscrivere il proprio figlio alle scuola dell’infanzia, in quanto spesso le liste d’attesa sono lunghe e il numero degli esclusi considerevole. Nella gestione di questo settore scolastico possono intervenire diversi soggetti che possono essere privati o pubblici. Secondo i dati Istat aggiornati al 2014 lo stato gestisce il 57,1% delle 23.515 scuole dell’infanzia presenti sul territorio italiano, il 34,6% è amministrato dagli enti privati, come le istituzioni religiose, mentre solo l’8,3% sono pubbliche ma non statali e sono gestite quindi dagli enti locali, come quelle comunali.

Le scuole private possono ricevere contributi comunali stabiliti attraverso specifiche convenzioni fra le due parti, le spese per le scuole pubbliche consistono invece per lo più in servizio mensa e manutenzione degli edifici scolastici. L’associazione Openpolis ha pubblicato i bilanci dei Comuni di tutta Italia creando una classifica sulla base della spesa annua pro capite che hanno sostenuto nel 2014 per fare fronte a tutte le strutture e le attività connesse con il funzionamento delle scuole dell’infanzia. Il dato che emerge a livello nazionale, confrontando la spesa di quattordici grandi città è che sono i Comuni del Sud a destinare le risorse più esigue a questa categoria scolastica, con una spesa che oscilla fra gli 8 e i 10 euro per cittadino a Palermo, Napoli e Catania. Bari raddoppia arrivando a 23 euro, ma rimane comunque evidente la distanza rispetto ai valori delle grandi città del Centro e del Nord.

All’altro capo della classifica, con la spesa più alta c’è Milano, unica delle 14 grandi città superiori ai 200mila abitanti a destinare più di 100 euro per abitante alle scuole dei più piccoli. Se restringiamo invece il campo di osservazione al Veneto, spicca come comune con la spesa più alta della provincia di Verona Cazzano di Tramigna, con ben 253,89 euro investiti nelle materne che lo posizionano al quarto posto fra i comuni del Veneto e al 25esimo fra quelli di tutta Italia. Tra i Comuni coperti dal nostro giornale il primo posto è occupato da Valeggio sul Mincio, che nel 2014, anno a cui i dati fanno riferimento, ha investito in modo ingente nell’edilizia scolastica, costruendo un nuovo polo per far fronte alle numerose richieste di ammissione al servizio rimaste inesaudite negli anni precedenti e per questo motivo è arrivata a spendere 92,48 euro pro capite, assestandosi all’undicesimo posto in veneto e al 185esimo in Italia su 7983 Comuni totali.

L’assessore con delega all’istruzione di Valeggio, Marco Dal Forno sottolinea inoltre un’altra voce di spesa piuttosto significativa: «La nostra decisione di prevedere che le rette delle nostre 3 scuole pubbliche e dell’unica privata fossero uguali per i genitori, comporta il fatto che sia nostra responsabilità versare un contributo significativo alla scuola parrocchiale, che consiste in 1450 euro annui per ogni bambino iscritto». Forse proprio a causa degli ingenti investimenti sostenuti nel 2014, la spesa di Valeggio è nettamente più alta di quella del secondo Comune fra quelli da noi seguiti, ovvero Nogarole Rocca, che spende circa un terzo in meno, 61,89 euro pro capite occupando la 25esima posizione in Veneto e la 399esima in Italia. Il dato è comunque sorprendente se si tiene in considerazione che a Nogarole Rocca è presente un’unica scuola dell’infanzia e rende evidente l’investimento lungimirante che si è scelto di fare occupandosi dell’istruzione dell’individuo sin dalla più tenera età.

L’ultimo posto invece è di Povegliano, che risente di una situazione finanziaria difficoltosa, ma tuttavia, con una spesa di 21,05 euro, ottiene comunque il 152esimo posto nella regione e il 1679esimo in Italia. L’amministrazione per ora è in ritardo con i pagamenti, ma, nella persona dell’assessore con delega all’istruzione, Giulia Farina, promette di non rinunciare a sostenere la sua unica scuola materna. Il comune di Villafranca ha speso invece per le scuole dei più piccoli 39,45 euro, dato molto vicino a quello di Sommacampagna (37,91 euro), risultando in tal modo 60esima in Veneto e 756esima in Italia. Pro capite spende meno di Mozzecane e Buttapietra, ma si tratta comunque di un dato che, considerato in assoluto, risulta positivo. Gli istituti paritari di Villafranca che abbiamo sentito si sono detti soddisfatti del contributo Comunale, mentre le scuole pubbliche non si sono volute esprimere.

Il consigliere comunale Luca Zamperini spiega che la situazione di Villafranca è particolare in quanto il rapporto fra il numero di scuole pubbliche e paritarie è molto sbilanciato a favore delle seconde: «Questo ha portato il Comune a investire cifre considerevoli nella convenzione con le paritarie che è un nostro fiore all’occhiello già dagli anni Novanta. In tale modo si è riusciti a calmierare le rette delle private, che sono capillarmente diffuse sul territorio, rendendole non di molto superiori a quelle delle pubbliche. La spesa annua in tal senso è di circa un milione di euro. L’unica critica che mi sento di muovere riguarda la durata della convenzione, che negli ultimi anni è diventata annuale: sarebbe necessario renderla nuovamente triennale per dare più certezze a chi gestisce gli istituti».