Bigon (PD): “Sanità pubblica? Servono investimenti, nelle strutture pubbliche mancano 1.300 medici"
Per quanto riguarda la medicina generale, la situazione è particolarmente grave proprio nel Veronese, dove si concentrano 110 delle 326 zone carenti, un terzo di tutto il Veneto.
La pandemia ci ha fatto capire ulteriormente l'importanza della sanità pubblica.
Diverse le carenze
E' necessario invertire la rotta e investire sulla sanità. A rimarcarlo, denunciando numeri alla mano le carenze della sanità pubblica veronese e veneta è la consigliera del Partito Democratico e candidata alle Regionali del 20-21 settembre 2020, Anna Maria Bigon che afferma:
"L’emergenza Covid ha riportato alla luce l’importanza e l’urgenza di una sanità pubblica, specie sul nostro territorio. Dopo anni di tagli, è giunto dunque il momento di invertire la rotta, sfruttando anche i soldi che arriveranno dall’Europa col Recovery fund e garantire il diritto a cure di qualità a tutti i cittadini, indipendentemente dal portafoglio di ognuno".
L'importanza del lavoro del personale
Bigon mette in guardia da quelli che lei definisce i tentativi di imposizione del modello lombardo ospedalecentrico da parte della Lega spiegando:
"Se nel periodo peggiore dell’epidemia il Veneto ha risposto a meglio delle sue possibilità, infatti, è proprio grazie al gran lavoro del personale in forze e alla dimensione territoriale, tratto caratteristico di un sistema che come Partito Democratico abbiamo difeso e continueremo a difendere. Un sistema che ha evidentemente fallito, di cui dobbiamo scongiurare l’importazione. La ricetta è solo una: investire in maniera cospicua nel pubblico, altrimenti i conti non tornano. Abbiamo liste di attesa lunghissime, una minore dotazione di personale medico nelle strutture pubbliche o equiparate (19,2 ogni 10mila abitanti contro il 22,7 nazionale) dove mancano 1.300 medici. E per quanto riguarda la medicina generale, la situazione è particolarmente grave proprio nel Veronese, dove si concentrano 110 delle 326 zone carenti, un terzo di tutto il Veneto. Con conseguente boom degli accessi - anche impropri- al Pronto Soccorso e una forte crescita (+10%) dei codici bianchi. Cui si aggiungono i 79 incarichi vacanti di continuità assistenziale su 415 totali, che ci vedono secondi soltanto alla Marca Trevigiana".
Attuati solo il 59% dei posti letto
Ad azzoppare ulteriormente il sistema veneto sono poi i ritardi della programmazione sanitaria e Bigon ricorda:
"Ad oggi risulta infatti attuato soltanto il 59% dei posti letto programmati nelle cosiddette strutture intermedie, per le Unità riabilitative la copertura è del 55% ma a Verona non è stato attivato alcun posto letto, mentre la media di ore erogate per ciascun paziente con l’assistenza domiciliare integrata è inferiore della metà del dato nazionale. A completare il quadro intervengono, da un lato, l’insufficienza di posti letto per le patologie tumorali, dall’altro, l’inadeguatezza del fondo per la non autosufficienza, che copre appena il 70% delle richieste di residenzialità nelle case di riposo".
Una tassa non indifferente
Bigon ha poi concluso:
"Il diritto alla salute e alle cure dovrebbe essere universale, ciò a cui assistiamo oggi è invece un discrimine sempre più accentuato, che costringe tanti utenti a rivolgersi al privato (per altro già detentore del 70%della Riabilitazione): nel triennio 2016-2018 la spesa sanitaria a carico del cittadino è aumentata di 340milioni di euro, e nel solo 2018, quella per le prestazioni di specialistica ambulatoriale è cresciuta di 24milioni. Zaia e la Lega si vantano di non mettere le mani nelle tasche dei veneti, ma ciò che tanti ignorano è che questa è una vera e propria tassa occulta, e non indifferente, di cui a fare le spese sono ancora una volta le fasce più deboli della popolazione".