Covid, studio su Verona: il 93% dei cittadini oggi è protetto dal virus, Omicron 7 volte più contagiosa
Seppur in un contesto di relativa tranquillità, il numero dei cittadini non protetti, che potrebbe incidere anche sulle ospedalizzazioni, richiede di non abbassare la guardia.
Il 93% dei veronesi risultava a fine gennaio 2022 protetto contro il SARS CoV2, perché venuto in contatto con il virus (32,3%) o perché vaccinato (91,9%).
Covid, studio su Verona
La variante Omicron conferma anche a Verona la sua altissima contagiosità: in due mesi (dicembre 2021-gennaio 2022) l’incremento dei casi di infezione è stato 7 volte superiore rispetto ai 18 mesi precedenti. Seppur in un contesto di relativa tranquillità, il numero dei cittadini non protetti, che potrebbe incidere anche sulle ospedalizzazioni, richiede di non abbassare la guardia.
Questo il quadro principale emerso dalla seconda fase dello studio epidemiologico “Comune di Verona 2020”, iniziato nella primavera di due anni fa, in piena prima ondata pandemica da Covid-19 e ripreso 18 e 20 mesi dopo (rispettivamente novembre 2021 e gennaio 2022) sullo stesso campione (1.515 persone) statisticamente rappresentativo della popolazione veronese con almeno 10 anni di età (235.000).
I dati emersi tracciano – con un margine di errore al massimo del 2% - un quadro completo sulla diffusione del virus. Infatti si differenziano dai bollettini quotidiani relativi ai positivi e ai vaccinati perché l’esame sierologico per la valutazione della presenza degli anticorpi specifici ha permesso di individuare la percentuale anche di coloro che non sapevano di aver contratto il virus, in quanto asintomatici o con lievi sintomi simil influenzali.
Indagine epidemiologica
La ricerca è stata condotta dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e ha visto la collaborazione delle maggiori istituzioni amministrative, scientifiche e sanitarie di Verona: il Comune, l’Università scaligera, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata e l’Ulss 9.
Si tratta di uno dei pochi esempi a livello internazionale di indagine epidemiologica su campione statisticamente rappresentativo: il protocollo dello studio è stato pubblicato su British Medical Journal Open, mentre i risultati della prima fase sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Emerging Infection Diseases.
L’analisi dei risultati delle interviste somministrate, dei referti dei tamponi e degli esami sierologici hanno rilevato che a fine gennaio 2022 risultava parzialmente protetto dal virus SARS-CoV2 il 93% della popolazione perché vaccinato (91,9%) o perché venuto a contatto con il virus (32,3%). L’avverbio “parzialmente” è necessario perché come è noto, anche a causa delle varianti, sono possibili reinfezioni e il vaccino protegge dalla malattia grave e non dall’infezione.
La prevalenza dell’infezione – cioè il numero dei casi rispetto alla popolazione- è passata dal 5,2% del maggio 2020 al 14,4% del novembre 2021 per schizzare al 21,3 con l’avvento di Omicron (dicembre-gennaio 2022). Questo significa che vi è stato negli ultimi due mesi un incremento 7 volte superiore della diffusione rispetto ai 18 mesi precedenti.
Complessivamente dall’inizio dello studio il 23,5% dei veronesi interpellati – circa 1 su 4 - ha dichiarato di aver contratto il SARS-CoV-2. Ma l’evidenza dei test sierologici mostra che l’8,8% dei veronesi risulta essere venuto in contattato con il virus, senza saperlo o perché asintomatico o per non aver riconosciuto lievi sintomi dovuti all’infezione da SARS-CoV-2.
“I dati di Verona sono eloquenti, ci dicono che ci stiamo avviando verso quella che io chiamo una “semi immunità di gregge”, interviene il professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. “Infatti, sommando i vaccinati con almeno due dosi e chi ha avuto il COVID, la grande maggioranza della popolazione veronese è protetta, ma questa protezione è parziale. Più efficace contro la malattia, meno efficace contro il rischio di infezione. Inoltre la durata della protezione è limitata nel tempo. Ci aspettano mesi più sereni, probabilmente la prossima stagione invernale vedrà una minor circolazione del virus e la pressione sui nostri ospedali sarà inferiore. Per consolidare questo risultato, però, la condizione indispensabile è raggiungere e mantenere nel tempo una copertura vaccinale molto elevata. Altrimenti nuove ondate saranno inevitabili”.
“Sicuramente la ‘sorpresa’ più grande è stato il tasso di crescita delle infezioni dovute a Omicron: tanto che le stime iniziali prevedevano un picco a Verona della quarta ondata tra il 25 e il 31 dicembre 2021, mentre si è manifestato ben oltre (a metà gennaio) – afferma il professor Massimo Guerriero, biostatistico ed epidemiologo e coordinatore dello studio - Questa ricerca ci consente di essere ottimisti per il futuro, ma con cautela. Il tasso di ospedalizzazione rilevato (3,5%), applicato alla percentuale dei cittadini non protetti, potrebbe portare a un numero importante di ospedalizzazioni. Naturalmente si tratta di una stima prospettica condizionata dall’incremento o meno del numero delle vaccinazioni!”.
“Grazie ai tamponi abbiamo potuto scattare un’istantanea del momento, ma con l’esame sierologico sul sangue oggi possediamo un quadro completo, comprendente anche gli asintomatici, che rappresenta uno strumento formidabile a disposizione delle istituzioni amministrative e sanitarie per le decisioni future. La luce c’è in fondo al tunnel e ci stiamo avvicinando, ma manteniamo per ora la mascherina e il distanziamento soprattutto in luoghi chiusi. E naturalmente vacciniamoci”, sottolinea il dottor Carlo Pomari, responsabile della Pneumologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e co-coordinatore dello studio.