Qualche tempo fa, nello spazio che diamo anche agli attivisti di “Centopercentoanimalisti” avevamo riferito della protesta avanzata nei confronti del parroco della chiesa di San Niccolò all’Arena, in Verona, che aveva affisso un generico divieto di ingresso ai cani nel luogo sacro affidato alla sua custodia.

Di contro, gli animalisti avevano lasciato sullo zerbino della chiesa un lenzuolo con una scritta che diceva: “I cani sono Angeli, San Francesco docet”.

Con l’occasione avevamo tentato di inquadrare la problematica anche alla luce delle regole più di buon senso che di codice civile, che regolano la materia in Italia e secondo le quali a parte l’obbligo di consentire l’accesso ai cani guida, tutto il resto è lasciato alla organizzazione del custode protempore dell’edificio sacro: il parroco, appunto.
La chiesa del contendere
La chiesa di San Niccolò all’Arena di Verona, è un luogo di culto consacrato nel 1697 ma i lavori iniziarono molto prima, furono interrotti momentaneamente a causa della peste del 1630.
Il luogo, da sempre, è meta di turisti. Ciò nondimeno, il parroco aveva affisso sui portoni e all’interno della chiesa, cartelli in lingua Italiane e Inglese, con i quali vietava l’accesso ai cani.
Ebbero a protestare gli animalisti:
“Un divieto che non ha nulla a che vedere con la filosofia della Cristianità, sicuramente San Francesco non sarebbe d’accordo, dato che ogni incontro con gli animali, per il Santo, era un momento di gioia perché avvertiva in loro la presenza di Dio”.
Dove sta di chiesa il buon senso?
Commentando il fatto, noi invitammo le parti al buon senso ritenendo l’intransigenza del parroco – della quale non erano note motivazioni se non quelle del sentire comune, appunto, verso la sacralità del luogo – perentoria tanto quanto la presa di posizione di “Centopercentoanimalisti”.
Infatti, gli animali normalmente non possono entrare nelle chiese per motivi di ordine diverso ma tutti di rispetto: igiene, disturbo delle funzioni, rispetto per il luogo sacro.
Né il Diritto Canonico reca un divieto assoluto in tal senso, come non impedisce al Parroco in quanto responsabile dell’immobile, di vietare o permettere l’accesso alla chiesa.
Ha torto il Parroco a pensare che neppure i proprietari possano garantire sul buon comportamento degli animali, sul fatto che siano al guinzaglio, non sporchino o disturbino ancorché, si diceva, la legge nazionale non vieti genericamente l’accesso, né il diritto canonico stabilisca un divieto?
E sono così sicuri i nostri amici animalisti, che di questi tempi, tali temi di principio siano proprio quelli che assillano il cittadino italiano, loro compresi?
Nell’articolo che dedicammo alla “querelle”, noi dichiaravamo il nostro rispetto per le loro battaglie ma, invocando appunto il buon senso, gli domandavamo: non sarà che in questo mondo al contrario, è il rispetto per l’uomo a soccombere rispetto a quello per gli animali?
Il rilancio del parroco
Sicuramente sollecitato da più parti, il parroco avrà tentato di mantenere la questione nell’ambito dell’opportunità di scegliere la chiesa come meta delle proprie visite turistiche, quando ci si accompagni al cane, ed ha tentato di mitigare l’iniziale divieto mettendo in bocca al cane ciò che ritiene possa essere il pensiero di un qualsiasi fedele ed ha sostituito il divieto con due asserzioni che sembrano logiche: io non posso ed io non voglio entrare. Già, logiche ma non per tutti.
Il rilancio di “Centopercentoanimalisti”
Che la decisione non potesse accontentare gli attivisti veronesi, per noi era quasi scontato ed, infatti, puntuale è arrivato il loro comunicato:
“La questione del parroco della chiesa di San Niccolò di Verona, che non lascia entrare i cani in chiesa, da noi sollevata, ha suscitato un certo interesse, ma adesso ha peggiorato la questione affiggendo cartelli davvero assurdi.
Il parroco non ha ben recepito la nostra protesta, anzi, ha fatto pure lo spiritoso. Ha cambiato i cartelli peggiorando la situazione. Ormai è chiaro che alla questione dai noi sollevata, seguiranno azioni molto più incisive.
Questo rifiutare l’accesso mostra, evidentemente, che l’animale è considerato un essere inferiore, che non merita di entrare in un luogo importante e “sacro” come una chiesa. E’ una forma di rifiuto e svilimento di queste creature, che invece meritano considerazione e rispetto: è il residuo di una mentalità che deve cambiare”.
Noi rinviamo i nostri lettori alla foto di copertina, considerandola espressione del nostro scanzonato pensiero, non tanto verso il principio sul quale di più non sapremmo dire, quanto proprio verso il cane che a parte la sua lettiera, altro luogo al chiuso potrebbe non gradire.
Perché, invece, non lasciamo che:
- siano le persone a valutare l’opportunità di una capatina in chiesa;
- sia l’eventuale coadiutore del parroco a farle riflettere;
- sia il cane a decidere se tirare dritto dopo aver fatto, magari, i suoi bisogni sul sagrato?
Ci pare che ciò nulla tolga alla chiosa con cui “Centopercentoanimalisti” concludono la loro protesta, ovvero l’auspicio che all’entrata delle chiese, anziché avvisi di esclusione, compaiano cartelli dal seguente tenore: “qua tutti sono ben accolti”.
Giancarlo Andolfatto