L'intervista

A Negrar salvato l’occhio del piccolo Rahman, ferito a Gaza: “Voglio un futuro per i miei figli”

Grazie a un programma di evacuazione medica, Rahman, 8 anni, è stato operato all’occhio a Negrar. La madre Amina, ora a Padova con i figli, chiede ricongiungimenti familiari: “A Gaza non c’è più nulla”

A Negrar salvato l’occhio del piccolo Rahman, ferito a Gaza: “Voglio un futuro per i miei figli”
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Sorride soltanto quando accarezza i suoi figli, Batoul di 6 anni e Rahman di 8. Quest’ultimo è stato gravemente ferito da una scheggia all’occhio durante un bombardamento a Gaza: la notte dell’attacco, una bomba ha colpito la tenda in cui vivevano, uccidendo il padre e il fratello maggiore. Dopo essere fuggiti, Rahman è stato operato a Negrar, dove i medici hanno deciso di tentare di salvargli l’occhio invece di rimuoverlo.

La madre, Amina, 29enne palestinese, non riesce a dimenticare ciò da cui è fuggita:

“Gaza è un inferno. La guerra e il genocidio non si fermano. Muoiono tutti: uomini, donne e bambini. Prendere il cibo e gli aiuti è molto rischioso, anche quando andiamo per un solo sacco di farina siamo un obiettivo da uccidere”.

La notte che ha cambiato tutto è stata due mesi fa:

"Eravamo nella tenda dove vivevamo, una notte ci hanno bombardati e sono morti mio marito e mio figlio più grande, Malek, che era vicino. Io ero ferita alla testa e il mio bambino è stato colpito dalle schegge all'occhio e alla gamba, che è rotta"

Da lì è iniziata una corsa contro il tempo per salvare il piccolo.

Amina, la mamma di Batoul e Rahman

L’intervento a Negrar e l’appello per il futuro

Grazie a un programma di evacuazione medica, coordinato dall’Unità di crisi della Farnesina e dalla Protezione Civile, Amina e i suoi figli sono riusciti a fuggire da Gaza. Hanno raggiunto prima Verona, poi Padova, dove oggi risiedono.

Ad accogliere e curare Rahman è stata l’equipe dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta da Grazia Pertile. Qui i medici hanno scelto di non rimuovere l’occhio ferito, ma di provare a salvarlo con un intervento specialistico. Un tentativo di restituire una parte di futuro a un bambino che ha visto troppo, e che forse non avrebbe mai più potuto farlo.

Oggi Amina non vuole più tornare a Gaza. Vive con altri quattro nuclei familiari palestinesi, tra cui 9 minori dagli 8 mesi ai 15 anni, seguiti dall’associazione Padova Abbraccia i bambini. L’appello è chiaro: accelerare i ricongiungimenti familiari per permettere ai parenti rimasti a Gaza di salvarsi.

“Qui in Italia vedo un futuro possibile per i miei figli – dice Amina – Ci sono scuole, case, pace. A Gaza non c’è più nulla. La vita lì è impossibile”.