Annegamento Khadim, archiviazione ad un passo

Il titolare dell’indagine, il pubblico ministero Marco Zenatelli, aveva disposto altri approfondimenti e audizioni dei testimoni, ma non è emerso nulla

Annegamento Khadim, archiviazione ad un passo
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Il titolare dell’indagine, il pubblico ministero Marco Zenatelli, aveva disposto altri approfondimenti e audizioni dei testimoni, ma non è emerso nulla

Khadim Ndiaye, 17enne di origine senegalese residente a Villafranca, annegato il pomeriggio del 29 maggio scorso nel canale Virgilio, nei pressi del Ponte Visconteo di Borghetto, e ripescato cadavere alle 00.45, ha fatto tutto da solo. Questa la verità giudiziaria a cui sono giunte le indagini portate avanti dai Carabinieri della stazione valeggiana comandata dal maresciallo Calogero Lauria e che hanno spinto il magistrato titolare dell’inchiesta, il pubblico ministero scaligero Marco Zenatelli, a optare per la chiusura dell’indagine che arriverà ufficialmente a breve.

La morte di Khadim non si era mai schiodata da quel «modello 45», ovvero il registro degli atti non costituenti notizia di reato, nel quale finiscono, appunto, quegli atti che riposano ancora nel «limbo» della non sicura definibilità, ma che postulano una fase di accertamenti preliminari. In gergo vengono definite «pseudo notizie di reato». Non si è mai trasformato in un «modello 21», vale a dire il registro delle notizie di reato a carico di persone note. E non lo farà: il magistrato ha esaurito tutti gli accertamenti e le indagini senza che sia emerso qualcosa in grado di modificare il quadro generale.

Zenatelli ha anche sollecitato ai militari una seconda audizione di tutti i testimoni che quel maledetto pomeriggio di maggio, ai primi caldi, erano andati al canale per fare il bagno insieme al giovane. E loro, a parte qualche piccola contraddizione, non avevano mai cambiato versione: Khadim il 29 maggio, attorno alle 16, era arrivato a Borghetto con la sua bicicletta, indossando già il costume sotto ai pantaloni. Si è spogliato, ha piegato i suoi vestiti e si è tuffato da solo, senza che qualcuno, nemmeno per scherzo, lo avesse spinto o indotto a buttarsi. Sapeva di non saper nuotare, ma probabilmente, in un attimo di incoscienza adolescenziale, ha creduto di poter imitare i suoi amici e resistere alla corrente aggrappandosi agli appigli posti lungo il Virgilio. Ma così, purtroppo, non è stato. Non appena toccata l’acqua il giovanissimo calciatore del Villafranca prima e del Quaderni poi è andato in difficoltà, venendo inghiottito dall’acqua che lo ha trascinato fino alla provincia di Mantova, dove è stato ripescato dai sommozzatori dei Vigili del fuoco di Venezia privo di vita, fermato nella sua corsa da un mucchietto di sassi dopo che si era provveduto ad abbassare il livello dell’acqua: solo allora i suoi talloni bianchi erano affiorati, illuminati dai led dei pompieri.

Quel poco che è emerso in questi mesi in cui Carabinieri e magistrato hanno lavorato in assoluto silenzio, visto il coinvolgimento di minorenni, è stato che anche gli amici di Khadim, i tre che hanno aspettato i soccorritori e una quarta ragazza, identificata successivamente che sarebbe andata via prima dell’arrivo dei sanitari, avrebbero rischiato anch’essi di annegare a causa della corrente fortissima. Chiaramente, filtra dalla procura, l’archiviazione è un atto reversibile nel caso in cui, in qualsiasi momento, dovesse emergere qualcosa di nuovo che, al momento, non è nemmeno all’orizzonte.

«Prosciolto» dalle accuse degli amici del 17enne un altro minorenne, tirato in ballo come colui che avrebbe spinto per gioco Khadim in acqua, il cui nome circolava nelle chat dei ragazzi di Villafranca. La verità, dunque, sembra essere questa. Almeno quella giudiziaria. Perché forse non sapremo mai esattamente quello che è accaduto in quella frazione di secondi, forse è un segreto che i presenti alla tragedia custodiranno per sempre. O forse, invece, non c’è alcun segreto, ma solo la voglia di non rassegnarsi ad una fine tanto assurda per un ragazzino a cui tutti volevano bene, la cui mancanza, a tre mesi dalla tragedia, pesa come un macigno su tutta la comunità.

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