Antonio Ferrarese 100 anni e non sentirli un esempio di vita

Sambonifacese doc, il 14 agosto scorso ha festeggiato un secolo di vita circondato dall'affetto di parenti e amici

Antonio Ferrarese 100 anni e non sentirli un esempio di vita
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Antonio Ferrarese 100 anni e non sentirli. Il 14 agosto scorso, attorniato dall'affetto di famigliari e amici, ha festeggiato un traguardo che per molti è solo un sogno.

Antonio Ferrarese si racconta

Sambonifacese doc è nato il 14 agosto del 1918, in via Fiume. Sesto di nove fratelli ha dovuto fare i conti con una grande perdita quando era ancora ragazzino: «Avevo solo 14 anni quando è venuto a mancare papà, vittima di un incidente stradale mentre stava andando al lavoro», racconta Ferrarese. Una morte che ha stravolto la vita della sua famiglia. Antonio, che all’epoca frequentava la seconda ginnasio, ha dovuto abbandonare gli studi e mettersi a disposizione di mamma Carolina e dei fratelli. Questo fino a che nell’aprile del 1939 è arrivata la chiamata alle armi. Erano anni difficili in Italia, il primo conflitto mondiale aveva lasciato segni profondi nel Belpaese: la crisi economica e il regime fascista avevano fatto il resto raggiungendo l’apice il 10 giugno del 1940 quando il Regno d'Italia sancì l’entrata in guerra durante il secondo conflitto mondiale.

La guerra

Il ricordo della guerra è indelebile nei racconti di Antonio Ferrarese: «Mi trovavo sopra il Col della Maddalena, ai confini con la Francia. Abbiamo sfidato il vento e la neve e i miei occhi hanno visto morire molti soldati assiderati. In quegli anni ho imparato a sciare; sono stato arruolato come furiere nella compagnia sciatori e sono stato promosso sergente». Nella mente di Ferrarese si accavallano sette anni di ricordi: «Il più brutto è quando mi hanno fatto prigioniero, a Cuneo. Eravamo una decina di soldati e abbiamo trovato le SS che ci hanno fatto rinchiusi come bestie». Ma la guerra è stata anche condivisione e solidarietà. E’ stato infatti grazie ad Angelo, un vicentino che aveva frequentato l’istituto Rossi, che Ferrarese ha «salvato la pelle»: «Mi ha detto, se ti chiedono cosa sai fare racconta loro che sei un meccanico. E così ho fatto», racconta Ferrarese abbozzando un sorriso. Da quel momento hanno fatto seguito una serie di episodi che l’hano poi portato a «rivedere la luce». Erano circa le quattro del mattino, di un giorno che sembrava uguale a tanti altri, quando Antonio e gli altri militari sentirono un vociare provenire dalla strada, erano voci amiche: «Lì abbiamo capito che la guerra era finita - spiega Ferrarese - Siamo stati caricati su un treno diretto a Peschiera del Garda. Una volta arrivati, siamo andati a dormine e il giorno dopo mi sono incamminato a piedi e ho raggiunto San Martino dove viveva una delle mie sorelle. Ricordo ancora i suoi occhi increduli quando mi ha aperto la porta di casa». Antonio è tornato dalla guerra profondamente provato nel fisico: pesava appena 47 chili.

La famiglia

Dopo anni di vera sopravvivenza nel ‘47 ha sposato la sua amata Rita e ancora una volta si è trovato a ricostruire la sua vita. Ha svolto vari lavori, prima in ospedale come impiegato poi all’ufficio del dazio e infine, ha aperto un ufficio fiscale con un ragioniere. Antonio però non ha pensato solo a sé stesso e negli anni Cinquanta ha aperto una una merceria in via Camporosolo per sua moglie Rita che nel frattempo l’aveva reso papà di Loretta, la primogenita nata nel ‘49, Franco, nato nel ‘54 e Tiziana, nel ‘57. Ma non è finita qui, nel ‘64 quando oramai Rita era avanti con l’età è venuto al mondo Emanuele:«Quando siamo andati dal medico temevamo che fosse un tumore - spiega Antonio - e invece ci ha detto che saremo diventati nuovamente genitori». La famiglia si allarga e nel ‘75 arriva Andrea, il primo di 11 nipoti. Non solo, Antonio ha la fortuna di diventare anche bisnonno di tre pronipoti Federica, Sofia e Carolina.

La morte di Rita

Nel 2014 però la famiglia Ferrarese deve fare i conti con un’altra grave perdita: la morte di Rita. Per Antonio è un duro colpo: «E’ come se mi avessero portato via mezza vita», racconta. Con lei aveva girato il mondo e aveva condiviso un sacco di avventure. Nominato presidente della sezione combattenti e reduci di San Bonifacio e della locale sezione alpini si è fatto forza e ha reagito; un atteggiamento che ha lasciato di stucco anche i figli. Grazie alla famiglia e agli amici, con i quali conserva la tradizione di «bere un goto al dì», ha ripreso in mano la sua vita, ancora una volta. E’ così è arrivato alla soglia dei 100 sulle sue gambe e con una mente lucidissima (basti pensare che fino al gennaio scorso ha guidato l’auto). Ad Antonio i nostri migliori auguri: «Buon compleanno esempio di vita e speranza per molti giovani».

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