Associazione Calcio Chievo Verona Srl nei guai col fisco: rinviata a giudizio
Bancarotta per plusvalenze fittizie e distrazione di fondi hanno portato a fondo la società
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Con un comunicato del 25 febbraio 2025, la Procura della Repubblica di Verona ha reso noto il rinvio a giudizio per bancarotta e plusvalenze fittizie, debiti tributari in sospeso e distrazioni fallimentari, del legale rappresentante dell'AC Chievo Verona Srl.
L'esito delle indagini preliminari
A seguito delle indagini condotte dai Finanzieri del Comando Provinciale di Verona, infatti, il Giudice per le Indagini Preliminari emetterà un decreto che disporrà il giudizio per bancarotta fraudolenta nei confronti dell’amministratore unico dell’AC Chievo Verona Srl, già “Associazione Calcio Paluani Chievo Srl” e poi “Associazione Calcio Chievo Srl”.
La società calcistica, fondata nel 1984, si trova in stato di fallimento.
Il meccanismo fraudolento messo in luce dalle "fiamme gialle", vedeva l’amministratore unico rappresentare sistematicamente una situazione societaria in attivo, mentre invece era in dissesto ed il patrimonio della società veniva eroso tanto che non si sarebbe potuta permettere l’iscrizione al campionato di calcio.
Bilanci gonfiati
Le indagini hanno anche evidenziato “fittizie” poste positive correlate alla cessione di calciatori alle squadre del Cesena e del Carpi, a prezzi non conformi rispetto al loro effettivo valore di mercato.
Venivano, peraltro, registrati passaggi di proprietà dei giocatori che consentivano al Chievo di esporre elevate plusvalenze in bilancio, senza però che i giocatori cambiassero mai casacca.
A ciò viene aggiunta la contestazione di altre plusvalenze riguardanti la cessione del marchio Chievo, appositamente rivalutato, o quella di un ramo d'azienda comprendente il terreno del Campo Sportivo Bottagisio.
Altre distrazioni di fondi contestate
Ulteriori fattispecie penali contestate dai Pubblici Ministeri, titolari della indagini preliminari, riguardano le
distrazioni dalle casse dell'AC Chievo Verona Srl, di oltre 200.000 euro da parte dell’amministratore unico
ed il sistematico inadempimento degli oneri tributari e previdenziali che dal 2014 fino alla data del fallimento, hanno portato il conto ad oltre 34 milioni di euro.