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Bambino di 8 anni costretto al digiuno durante il Ramadan: il padre resta in carcere

Da ormai 5 anni le mura di casa di una famiglia musulmana veronese non erano più sicure. Il 36enne tunisino minacciava la moglie di bruciarla con l'acido

Bambino di 8 anni costretto al digiuno durante il Ramadan: il padre resta in carcere
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Una vicenda agghiacciante in un momento di estrema importanza per i musulmani di tutto il mondo: il Ramadan è il mese in cui ogni fedele cerca di accrescere spiritualmente e avvicinarsi ad Allah, eppure le mura di casa di una famiglia musulmana veronese sono state teatro per cinque anni di soprusi e maltrattamenti nei confronti di un bambino di 8 anni, costretto al digiuno, detto sawm, sebbene il Corano lo preveda a partire dall’età della pubertà, dai 12 ai 15 anni.

(Foto Copertina: immagine di repertorio)

Un padre violento

Il padre non si limitava a chiamare il figlioletto, leggermente in carne, “ciccione”, obbligandolo ad astenersi da cibo e bevande, ma lo scherniva crudelmente mangiando in faccia al bambino un gelato, come segno di supremazia.

Il 36enne tunisino è stato ritenuto responsabile dalla giudice Maria Cecilia Vitolla condannandolo a 4 anni e 4 mesi di reclusione per maltrattamenti domestici, con obbligo di risarcimento in sede civile delle vittime, ovvero la moglie assieme ai due bambini di 8 e 5 anni.

Al pronunciamento della sentenza, il 36enne e padre violento resta in carcere dove era già detenuto per la stessa causa, denunciato dalla moglie nell’estate del 2023, esasperata dalle continue violenze subite nell’arco di cinque anni, dal 2018.

Anni di maltrattamenti

Un padre di sangue, ma orco nella pratica che per diversi anni avrebbe reso un inferno la vita dei suoi famigliari. Al primogenito di 8 anni è stato riservato un trattamento a dir poco crudele, affermando che i bambini dovevano essere picchiati per educarli a dovere, impedendogli di giocare con i suoi coetanei e percuotendolo con schiaffi senza una ragione.

L’apice, poi, il 23 luglio 2023, quando dopo l’ennesimo pestaggio nei confronti del piccolo, il 36enne impedì alla moglie di portare il bambino ferito in ospedale. Solamente dopo il suo arresto, i medici riscontrarono nel bambino un trauma cranico minore oltre ai diversi ematomi in volto.

Soprusi contro la moglie

Anche la moglie si trovava sotto le sevizie del capofamiglia manesco, spesso sotto l’effetto di alcool e altre sostanze psicotrope. Questi impediva alla consorte di uscire liberamente, anche per portare i figli dal medico, insultandola e affermando che doveva fargli da schiava.

In un episodio di estrema violenza, il marito le aveva frantumato il cellulare e strappato i vestiti, percuotendola con schiaffi e calci anche dopo che questa si trovava a terra inerme. Infine la minaccia di morte e di bruciarle il volto prima o poi.

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