A Colognola ai Colli

Borromini in sciopero: 45 lavoratori a rischio per la chiusura dello stabilimento

Otto ore di stop, con presidio fuori dallo stabilimento, nella giornata di martedì 18 febbraio 2025. Il 19 febbraio, invece, è previsto un incontro all'Unità di Crisi per provare a far cambiare idea ai fondi di investimento

Borromini in sciopero: 45 lavoratori a rischio per la chiusura dello stabilimento
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Nella giornata di martedì 18 febbraio 2025, è stato organizzato uno sciopero di 8 ore con presidio fuori dallo stabilimento della Borromini a Colognola ai Colli.

Le cause dello sciopero della Borromini

I dipendenti hanno deciso di scioperare dopo l'arrivo della comunicazione da parte dei fondi portoghesi, che hanno acquistato l'azienda nel 2023, che l'impresa è "tecnicamente fallita". Di fatto, il bilancio sarebbe in perdita di 3 milioni di euro a fronte di un fatturato annuo di 5 milioni. L'intenzione sarebbe quella di chiudere lo stabilimento entro giugno di quest'anno.

Benché il bilancio del 2024 sia stato dichiarato in rosso di tre milioni, la Borromini ha anche un portafoglio di 2 milioni di euro di crediti esigibili nei confronti di Valeo e Marelli, solo in parte riscossi nelle ultime settimane.

Tavolo di confronto per mercoledì 19 febbraio

È stato già fissato per mercoledì 19 febbraio un incontro all'Unità di Crisi per provare a far cambiare idea ai fondi di investimento o, almeno, salvaguardare i lavoratori che ad oggi ammontano a 45 persone. Di fatto, sono coinvolti addetti con comprovata esperienza e professionalità, ma che hanno circa 50 anni e quindi potrebbero faticare ad essere ricollocati.

Tuttavia, come evidenziano le Rsu, i fondi portoghesi non hanno mostrato nessuna intenzione di individuare soluzioni alternative, come il ricorso agli ammortizzatori sociali o la ricerca di nuovi investitori. I lavoratori stanno sollecitando un confronto concreto sul futuro dello stabilimento e, soprattutto, sulla tutela dei dipendenti.

Foto dello sciopero davanti allo stabilimento della Borromini
Foto dello sciopero davanti allo stabilimento della Borromini

La storia dell'azienda

La Borromini è stata acquistata nel 1981 dal gruppo Vetrerie Riunite, azienda leader nel settore di costruzione di stampi per vetro e materiali termoplastici. Inoltre, ha l'esclusività sulla fornitura di oblò per lavatrici per la capogruppo Vetrerie Riunite, mentre dai materiali termoplastici vengono ricavati: fari e fendinebbia per auto, vetri per luci da lavoro e prodotti per profumeria.

Nel 2023, Borromini e Vetrerie Riunite sono state acquistate da due fondi portoghesi: Teak Capital, di proprietà della famiglia Moreira da Silva è una società di investimento presente nel settore industriale, finanziario, educativo e sanitario; Tangor Capital, di proprietà della famiglia Silva Domingues. Una volta completata l'acquisizione, Rita Domingues, amministratore delegato di Tangor Capital, aveva dichiarato:

"No alla chiusura! 35 anni di storia veronese regalati ad un fondo portoghese
Telo appeso su una ringhiera per lo sciopero

"Siamo certi che la nostra esperienza e le nostre risorse contribuiranno in modo significativo allo sviluppo del Gruppo VR, ponendoci come partner ideali per affrontare le sfide e le opportunità che ci attendono. Insieme al team di gestione, non vediamo l’ora di spingere VR Group verso nuove vette di successo".

La preoccupazione del FIOM-CGIL

Sono molte le aziende che preoccupano la Federazione Impiegati Operai Metallurgici (FIOM) per la crisi che sta colpendo il settore metalmeccanico che sta colpendo la provincia di Verona.

Di fatto, sono coinvolte: Breviagri (ex Breviglieri) a Nogara, Xailog Technologies (ex Riello Sistemi) a Minerbe, Sunlight Seba e Borromini a Colognola ai Colli, George Fisher a Valeggio. Senza contare le varie richieste di cassa integrazione del settore siderurgico, dell'automotrice e dell'elettrodomestico.

Martino Braccioforte, segretario generale della Fiom di Verona, ha dichiarato:

“La Fiom di Verona è molto preoccupata per il susseguirsi di queste crisi profonde in così tante realtà della metalmeccanica veronese. Riteniamo necessario fare un appello che rivolgiamo alle istituzioni locali per far sì che venga aperto un tavolo di crisi provinciale che riunisca in primis i sindaci dei comuni coinvolti e il presidente della nostra provincia Flavio Massimo Pasini, perché la ricollocazione di questi lavoratori deve essere un problema di tutti.

Non è una situazione che può essere lasciata alla fortuna, ma c’è bisogno di capire cosa possiamo fare, insieme, per scongiurare le drammatiche situazioni che si verranno a creare, soprattutto in alcune realtà come possono essere Nogara, Valeggio e Colognola ai Colli, se effettivamente si arriverà alla dismissione dei siti come annunciato dalle proprietà delle aziende. Non possiamo permettere che il nostro territorio perda tessuto produttivo e, soprattutto che lavoratori e lavoratrici nella nostra provincia siano umiliati dai loro padroni e abbandonati a loro stessi dalle istituzioni".

Per poi continuare con:

I fondi si occupano di finanza, di utili non certo di industria, produzione o lavoro, hanno una visione totalmente miope delle società che si ritrovano a gestire e non sono minimamente interessati alla tutela dei dipendenti o della tenuta occupazionale e produttiva del territorio dove si trovano a speculare, possa essere questa il veronese, come qualsiasi altra parte del mondo.

Notiamo, inoltre, anche un’assenza di Confindustria Verona in questa gestione “vampira” del territorio, portata avanti da fondi e multinazionali e ci chiediamo quali potranno essere le scelte industriali e quale la posizione delle associazioni datoriali in merito.

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