Disastro Aereo di Verona, una benemerenza per il dottor Rasi
In occasione della cerimonia di commemorazione del 24° anniversario.

Disastro Aereo di Verona, una benemerenza per il dottor Rasi
In occasione della cerimonia di commemorazione del 24° anniversario del disastro aereo di Verona, svoltosi domenica 15 dicembre scorso, i Familiari delle Vittime hanno deciso di conferire al dottor Andrea Rasi, ispettore in forza alla Polaria dell’aeroporto di Verona, un riconoscimento di benemerenza per l’umanità mostrata nelle ore seguenti il disastro aereo nel supportare i parenti diventando un vero e proprio riferimento.
Presenti alla consegna della targa oltre a vari colleghi, anche il vicequestore del presidio di PolAria dell'Aeroporto di Villafranca, Roberto Salvo, il questore di Verona, Ivana Petricca, il presidente dell’aeroporto Valerio Catullo, Paolo Arena, e Fabrizio Bertolasi, sindaco di Sommacampagna.
Fragoroso l’applauso dei familiari ad Andrea Rasi con una lunga fila di persone che hanno voluto personalmente stringergli la mano per ringraziarlo con calore.
Il libro indagine di Favero fa luce sui fatti
Davanti alle autorità, Francesco Zerbinati da 24 anni a capo del comitato dei parenti, ha ricordato la recentissima pubblicazione del libro-indagine del giornalista dell’Ansa, Gianni Favero, presente all’incontro assieme ai numerosi familiari. “Antonov 24, la strage di Santa Lucia”, lavoro indipendente pubblicato da Linea Edizioni, è composto da una analisi geoeconomica dei primi anni ’90 e da una serie di interviste a varie persone direttamente ed indirettamente coinvolte nel disastro.
Proprio nei contenuti del libro che Zerbinati ha ripreso come “Inaccettabili per noi familiari sono le parole di Canfarelli, il quale si sente di essere stato ingiustamente condannato. Ma ancora peggiori sono i dubbi che apre aggiungendo che “la sua Organizzazione era allineata con lui”.
Ritengo che Enac debba chiarire le parole rilasciate nell’intervista perché gravissime, rese in spregio della legge italiana e che, soprattutto pone lunghe ombre sul concetto di sicurezza negli aeroporti. Si tratta di un’ulteriore offesa alla dignità dei familiari delle vittime e alla stessa Giustizia, portata da chi ha rappresentato un organo dello Stato italiano”.
Ha poi continuato Zerbinati di fronte ai familiari delle vittime e alle autorità presenti: “Anche gli aeroporti veneti dovrebbero intervenire a chiarire la loro posizione relativamente a queste dichiarazioni. ll silenzio in questi casi è una tacita conferma, per niente rassicurante.”
La sicurezza non è una materia astratta o da mantenere in reconditi uffici ad appannaggio di pochi ma deve essere trasparente e trasparentemente comunicata e condivisa.
Al termine della S. Messa, i familiari si sono recati a depositare gli omaggi floreali sul cippo posto nel cimitero di Sommacampagna e sul campo dove è caduto l’aereo.
I fatti del 13 dicembre 1995
Il 13 dicembre 1995, a causa dell’incauta scelta dei piloti e della colpevole gestione aeroportuale, un Antonov di nazionalità rumena si schiantò ad una manciata di secondi dal decollo causando la morte di tutti i 49 occupanti. Tra le vittime 31 italiani, 13 cittadini rumeni, 4 cittadini dell’ex Jugoslavia e 1 cittadino olandese. 14 i veneti, 4 i veronesi.
Le cause vennero accertate dalla magistratura penale in una serie di concause che hanno portato al tragico evento: il sovraccarico stimabile in circa 4.000 kg, la prassi di non controllare i documenti relativi al carico prima del decollo degli aerei e rifiuto dei piloti dello sghiacciamento delle ali.
Il procedimento penale si concluse nel 2003 dopo soli 8 anni di dibattimento con la condanna del direttore dell’aeroporto di Verona, Francesco Canfarelli, il direttore della società di gestione dell’aeroporto Valerio Catullo, Antonio Realdi e rispettivamente i loro sottoposti. La somma delle condanne è stata di 67 giorni di carcere per vittima, mai scontati.
Il procedimento civile che raccoglieva, secondo le stime delle assicurazioni chiamate a risarcire, un danno quantificabile in circa 70 milioni di euro, ha visto chiudere la maggior parte di risarcimenti oltre un decennio dopo per cifre notevolmente inferiori a quanto chiesto, mediamente attorno al 30% di quanto calcolato dalla giustizia italiana. Ancora oggi vi sono vari nuclei familiari che non riescono a uscire dal tragico tormentoso tunnel nel quale sono precipitate perché le assicurazioni vogliono risarcire ben al di sotto di quanto dovrebbero.
Aspetto ancora più fastidioso è che l’assicurazione ritrosa al risarcimento è proprio quella del Ministero dei Trasporti. I familiari che, loro malgrado, devono continuare il contenzioso portandolo in sede di cassazione civile ancora non sanno quando sarà fissata la prima udienza, a 24 anni dal fatto. È vergognoso, è una tortura che ha rovinato la vita ai familiari che si trovano loro malgrado a convivere un una cosa più grande di loro, dolorosa e che a causa dei ritardi nei risarcimenti, non possono neppure tentare di dimenticare.”