Docente di Verona scopre nuova lettera di Dante che ne riscrive l'esilio

La missiva, inviata da Cangrande della Scala all'imperatore Enrico VII, sarebbe attribuibile, secondo il prof. Pellegrini, al Sommo Poeta.

Docente di Verona scopre nuova lettera di Dante che ne riscrive l'esilio
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La scoperta che potrebbe rivoluzionare la biografia del padre della lingua italiana, Dante Alighieri, arriva dall'università di Verona.

La scoperta di un docente dell'Università di Verona

Paolo Pellegrino, docente di Filologia e linguistica italiana, ha infatti scoperto che la missiva inviata da Cangrande della Scala, signore di Verona, al novello imperatore Enrico VII nel 1312, sarebbe da annoverare al "corpus dantesco". Questo implicherebbe che il suo soggiorno a Verona sia stato molto più lungo di quanto si pensasse fino ad ora.

"Lettera pubblicata un paio di volte in passato"

Pellegrini ha spiegato:  "La lettera, che era già stata pubblicata un paio di volte in passato - spiega Pellegrini - proviene da una raccolta di testi del buon scrivere, che il notaio Pietro dei Boattieri, attivo a Bologna tra Due e Trecento, aveva incluso in un codice confluito più tardi in un manoscritto oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze, il 'Magliabechiano'. In essa Cangrande denunciava a Enrico VII i gravi dissensi sorti all'interno dei sostenitori dell'Impero, Filippo d'Acaia, nipote dell'imperatore e vicario imperiale di Pavia, Vercelli e Novara, e Werner von Homberg, capitano generale della Lombardia, e manifestava tutta la propria preoccupazione".

Le motivazioni

Secondo Pellegrini "da un'attenta analisi del testo della lettera, dei suoi riferimenti e degli stilemi linguistici, appare evidente come la probabilità che l'abbia scritta Dante sia altissima". Tra le 'prove' due citazioni delle Variae di Cassiodoro, già usate da Dante in altre epistole e nell'atto di pace dell'ottobre 1306 in Lunigiana come procuratore dei Malaspina, e un esplicito richiamo evangelico "Ogni regno diviso in se stesso va in rovina", del Vangelo di Matteo, già presente nel De Monarchia. Infine, i malvagi responsabili delle discordie imperiali vengono definiti "vasa scelerum", che richiama il "vasel d'ogni froda" affibbiato a frate Gomita nel XXII canto dell'Inferno.

Esilio da riscrivere

"Cadono le ipotesi - precisa Pellegrini - che tra 1312 e il 1316 volevano Dante a Pisa o in Lunigiana, o addirittura negli attendamenti imperiali. Nell'estate del 1312 Dante si trovava già a Verona, e se la Monarchia fu scritta a quest'epoca, fu scritta sotto l'occhio di Cangrande. E poiché nel gennaio del 1320 Dante era a Verona per pronunziarvi la 'Questio de aqua et terra', è possibile che il soggiorno durasse proprio da quel 1312, il che spiegherebbe l'altissimo elogio riservato a Cangrande nel Paradiso, l'encomio più nobile dedicato dal poeta a un vivente. Insomma - conclude il docente veronese - un capitolo intero della biografia dantesca avrà bisogno di una robusta riscrittura".

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