Il caso

"E' un nemico dell'America", ma Trump blocca i conti dell'Alessandro Bazzoni sbagliato

Proprio alla vigilia dell'ultimo giorno da Presidente in carica, Donald Trump aveva fatto inserire Alessandro Bazzoni nella lista nera delle società accusate di aver aiutato il Venezuela a eludere le sanzioni statunitensi. Ma per errore nella lista ci è finito il Bazzoni sbagliato.

"E' un nemico dell'America", ma Trump blocca i conti dell'Alessandro Bazzoni sbagliato
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Si è visto bloccare i conti correnti perché considerato un nemico degli Stati Uniti d'America. Ma Trump aveva preso un granchio: un caso di omonimia ha coinvolto un innocente ristoratore veronese.

"E' un nemico dell'America"

Uno avrebbe messo in piedi una commercializzazione parallela per mobilitare il petrolio venezuelano attraverso la Turchia, Singapore, Messico, negli Emirati e in Russia. L'altro è il titolare di un ristorante alle porte di Verona. Ma entrambi condividono una cosa: le generalità. Sì, perché hanno stesso nome e stesso cognome.

Gli Alessandro Bazzoni (è il caso di usare il plurale) sono finiti al centro delle attenzioni dei media internazionali perché proprio alla vigilia del suo ultimo giorno da Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, il 19 gennaio, aveva inserito nella black list delle società accusate di far parte di una rete che avrebbe aiutato il Venezuela a eludere le sanzioni statunitensi, proprio il nome di Bazzoni.

Bloccato il conto corrente del Bazzoni sbagliato

Peccato, però, che a ricevere "notizie" dall'Amministrazione Trump era stato il Bazzoni sbagliato. Una brutta vicenda, che aveva portato al blocco dei conti correnti del ristoratore, mentre l'altro, quello "vero" avrebbe potuto continuare a muoversi indisturbato. Due mesi di incubo, quelli vissuti dal veronese, che proprio nel periodo più difficile per tutti, stretto dal morso della pandemia come tutti gli altri lavoratori italiani, si è trovato il "rubinetto" del conto corrente serrato.

Una situazione, occorre dirlo, davvero paradossale, che fortunatamente si è risolta. Anche se, con rammarico, nessuno da Washington pare abbia alzato la cornetta del telefono per chiedere, almeno, scusa.

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