UNA BRUTTA VICENDA

Era vero: comunità-famiglia nel Veronese offriva pasti scaduti e cibo marcio ai bimbi

L'avvocato: "I responsabili si erano sentiti calunniati in quanto, a loro dire, il cibo pur scaduto era comunque ancora commestibile".

Era vero: comunità-famiglia nel Veronese offriva pasti scaduti e cibo marcio ai bimbi
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Accusata di maltrattare i suoi tre figli dopo aver rivelato che la comunità in cui erano ospiti i suoi bambini serviva loro cibo marcio e scaduto: una mamma di Verona è stata assolta da ogni accusa. Assolta in formula piena sia dall'accusa di calunnia relativa alla diffusione della "notizia" del cibo scaduto, che da quella, appunto relativa alle presunte botte.

Calunnia e maltrattamenti, dunque, queste le contestazioni che le avevano mosso i responsabili della comunità-famiglia della città scaligera in cui erano lei e i figli erano ospiti.

Era vero: comunità nel Veronese offre pasti scaduti e cibo marcio ai bimbi ospiti

Con lei era stato denunciato per diffamazione a mezzo stampa anche il suo legale “reo” secondo gli stessi Servizi sociali di aver offeso l’onore e l’immagine della città di Verona per aver azzardato il paragone con Bibbiano in alcuni articoli usciti in passato sui media locali.

I fatti, infatti, risalgono al periodo tra il mese di giugno e agosto del 2019.

"Ora che l’innocenza di entrambi è stata più che assodata – commenta l’avvocato Miraglia – vedremo se chiedere un risarcimento dei danni morali e materiali alla precedente Amministrazione che governava la città di Verona".

Tutto è iniziato quando la donna ha rivelato pubblicamente che nella comunità in cui viveva con i suoi tre figli veniva loro propinato cibo marcio e scaduto.

"I responsabili della Comunità si erano sentiti calunniati in quanto, a loro dire, il cibo pur scaduto era comunque ancora commestibile!", ha sottolineato l'avvocato.

Dopo quell'episodio, una mattina di settembre del 2019 le hanno portato via i figli. Alcuni operatori si erano presentati al mattino presto, avevano preso i bambini per caricarli su un furgone e portarli “in ambiente eterofamiliare senza la madre”, senza dirle dove né quando avrebbe potuto rivederli.

Dopo un anno in cui la madre non si era risparmiata nel cercare di riavere con sé i propri figli, era arrivata la buona notizia: il Tribunale dei minorenni di Venezia aveva concesso ai bambini di tornare a casa, anche se in maniera graduale.

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Una notizia più che positiva, soprattutto per i bambini: i mesi in comunità, lontani dai genitori e da gli amici, avevano purtroppo lasciato il segno. Il bimbo più grande mostrava un certo disagio psicologico, il fratello aveva problemi di linguaggio, la piccolina necessitava di sedute di psicomotricità.

Poi era successo un altro fatto: il padre, che provvedeva periodicamente a portar loro dei vestiti, durante un incontro li aveva trovati con le scarpe tutte rotte e aveva protestato.

Subito dopo i Servizi sociali avevano bloccato gli incontri tra genitori e figli.

"Tra l’altro in tutto questo tempo il tutore ha continuato e ripetere il medesimo refrain – prosegue l’avvocato Miraglia – ovvero che 'la mamma è stata denunciata per maltrattamenti' per legittimare il perdurare dell’allontanamento dei bambini dalla donna.

E adesso che la mia assistita è stata scagionata da ogni accusa che dirà costui? Alla luce di questa sentenza, come minimo chiederemo con più forza al Tribunale dei Minorenni di Venezia che predisponga finalmente il ritorno a casa dei bambini, dal momento che non sussistono motivi ostativi".

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