Giacomo Bagnara, genio dell«arte ambigua»
Salsicce, forme allungate, attorcigliate e piuttosto allusive, fette di salame e mortadella rotanti: è la ricerca dell’artista nelle contraddizioni del junk-food

Salsicce, forme allungate, attorcigliate e piuttosto allusive, fette di salame e mortadella rotanti: è la ricerca dell’artista nelle contraddizioni del junk-food
«New York chiama Palazzolo». A Verona, in via Fracastoro, nella neonata galleria d’arte «Fuori le mura», saranno esposte fino all’11 novembre le opere di Giacomo Bagnara. Il titolo della sua personale è «Young», ed è ispirato dal desiderio dell’artista di «uscire» dal suo abito adolescenziale, per aprirsi ad un mondo nuovo, più adulto. Il trentenne architetto, nato a Palazzolo il 16 luglio 1987, è un artista-illustratore che collabora con giornali italiani e internazionali come «New York Times», «Guardian», «Vanity Fair», «Die Zeit», «El Pais semanal» e molti altri.
Illustri testate che, per scelta editoriale, hanno deciso di proporre questo tipo di ornamento ottico, in sostituzione della classica fotografia, che riassume il concetto dell’articolo pubblicato in stile pop-art geometrico e un po’ retrò. Bagnara è un ragazzo semplice e dalla personalità arguta: doti che fuoriescono dalle sue opere, a tecnica mista, nelle quali trasforma la realtà in visioni personali, bizzarre ed ironiche. «Salsicce», forme allungate, attorcigliate e piuttosto ambigue, e fette di salame-mortadella «rotanti», sono la dimostrazione di una ricerca dell’artista delle contraddizioni legate al junk-food come puro oggetto.
«Creo le mie opere senza pensare - spiega il visualizer - e trovo interessante ascoltare le varie interpretazioni di chi le osserva - e conclude - Amo le linee pulite, le forme chiare, e desidero che il loro significato sia trasparente e facilmente intuibile». I suoi lavori sono come uno specchio nel quale è possibile riflettere il proprio pensiero. Un modo per entrare in totale contatto con l’opera attraverso un portale che si apre nell’animo dell’osservatore. Timido e riservato, l’artista evita di parlare dei suoi successi che lo hanno portato ad esporre le sue opere, depurate ma incisive, a Los Angeles e a Breda nel 2014; a Parigi e a Londra nel 2015; alla «Triennale» di Milano e a «Palazzo Chiericati» a Vicenza, sempre nel 2015.
Il suo punto di forza è la continua sperimentazione nella quale sviluppa la sua crescita con penne, matite e pennini, fino all’uso di Photoshop, un software che si distingue dai programmi di grafica vettoriale, perché offre la possibilità di agire direttamente sui pixel per gestire in modo preciso e pulito, come si evince nei lavori di Bagnara, le varie parti che compongono l’immagine principale in fase di creazione.
Giacomo esprime con immediatezza la sua essenza, il suo desiderio di «salvare» il mondo, raddrizzandolo, intersecandolo, bloccandolo in nodi combinati, porgendogli delle grandi lenti da vista che dimostrino all’umanità, che le cose sono molto più risolvibili di quanto sembri. Basta volerlo e impegnarsi ad essere umili, disponibili; lasciando la possibilità a tutti di guardare dentro un grande buco della serratura, dove dall’altra parte non c’è il «proibito», ma la quotidianità, gli affetti.
Bagnara insegna a cancellare la malizia preconfezionata e a sdoganare quei sentimenti genuini spesso ingabbiati in impenetrabili corazze, in cui si difendono da una società disumanizzata che brama ad inaridirli.