«Il gioco mi ha rovinato», la confessione shock di un villafranchese

Un padre alcolizzato, la droga e poi le slot. «Facevo a meno di tutto, non dell’azzardo»

«Il gioco mi ha rovinato», la confessione shock di un villafranchese
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Un padre alcolizzato, la droga e poi le slot. «Facevo a meno di tutto, non dell’azzardo»

«Il mio nome è S.Z. ed ero un “intossicato” d’azzardo. Potevo fare a meno di mangiare, di dormire, socializzare o fare l’amore, ma non di assumere la mia “dose” quotidiana di slot machine. Il contatto con la macchinetta mangia-soldi e con il denaro tintinnante, li percepivo come emozioni eccitanti. Il morbido seggiolino e la mano sulla leva, pronta per accogliere l ’orgasmo psicologico: la vittoria. Tensione, adrenalina, entusiasmo o delusione, proprio come quando si fa sesso. Penso che questi mostri li hai nel sangue, nel dna. Ma la realtà è diversa, al centro della mia dipendenza cronica c’ero solo e soltanto io».

S.Z. è un uomo di Villafranca il quale, dopo aver raggiunto il fondo del baratro, ha cercato di reagire e risollevarsi. «Ma non sarò mai più come prima - racconta -. Da ragazzo giocavo a briscola con mio nonno che cercava di distrarmi dalla vista di mio padre, perennemente ubriaco. Poi a 44 anni morì e con lui morimmo tutti, tranne mia madre, una donna con una forza straordinaria. Io cominciai a fumare cannabis, mentre mio fratello era straziato dai tic nervosi. Quando feci il mio primo tiro di cocaina avevo 19 anni. L’avevo fatto così, solo perché lo facevano i miei amici; poi mi accorsi che l’esaltazione che mi procurava era ciò di cui avevo bisogno per non pensare, per uscire da un mondo che non mi piaceva, per non bere ed assomigliare a mio padre che ci ha abbandonati per la bottiglia. Mia madre sgobbava come una pazza per far studiare me e mio fratello. Con lui ha avuto tanta soddisfazione. Ora è un uomo di successo, io no».

Il profondo malessere di S.Z. gli ha fatto percorrere il cammino sbagliato, gli ha fatto usare anestetici emotivi che lo hanno portato alla totale rovina. «Dopo l’arresto del mio migliore amico, al quale avevano trovato della droga in auto, e soprattutto annegato dalle lacrime di mia madre, mi allontanai dalla polvere bianca, mi misi a lavorare e a frequentare amici nuovi ma con il vizio per i night club. Io non ero un assiduo cliente di quei posti: la mia apatia mi allontanava dalle “donnine da postribolo”, ma basta una sera, un’unica maledetta sera, per rovinarti la vita. Lì conobbi l’amore, una bella straniera, che fece battere il mio cuore, e capii che quella era veramente la cosa che mi mancava. Ci sposammo poco dopo, ma una volta messo l’anello al dito, la mia dolce sposina si dimostrò molto diversa, arrogante, fredda e viziosa».

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Un altro buco al cuore. Un ennesimo pugno nello stomaco. Un enorme vuoto e con esso il divorzio.

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