«Il pelo nell’uovo», Rai Tre fa visita a Remelli

Il programma condotto da Sabrina Giannini pone l’attenzione sul prodotto utilizzato per pasta e dolci

«Il pelo nell’uovo», Rai Tre fa visita a Remelli
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Il programma condotto da Sabrina Giannini pone l’attenzione sul prodotto utilizzato per pasta e dolci

La sera di Pasquetta, dopo libagioni di uova di cioccolato e di gallina nella versione sode come da tradizione, accendendo la televisione «Indovina chi viene a cena», programma di Rai Tre di Sabrina Giannini, le uova ce le ha fatte diventare se non indigeste quanto meno sospette. L’inchiesta ha cercato e trovato il pelo nell’uovo, nello specifico dal pulcino ai cibi industriali a base di uovo, svelando verità spesso sconosciute. Tra le voci raccolte, quella di Guido Remelli  dell’omonimo pastificio di Valeggio, le uova nella sua attività entrano eccome, assieme alla farina compongono la sfoglia dei famosi tortellini.

Remelli lo incontro il giorno successivo davanti alla sua bottega mentre sta scaricando il furgone pieno di prodotti acquistati al mercato: «Siamo stati contattati dalla redazione di Rai Tre per un inchiesta sulle uova, e abbiamo accettato. Quando rompi un uovo – sottolinea - devi sapere cosa c’è dentro, ovvero il prodotto pastorizzato – uova sgusciate sbattute e trattate termicamente - non lo consente. Per noi è importante la qualità, in quanto ci mettiamo la faccia quando poi siamo davanti al cliente».

Nell’intervista ha dichiarato di aver provato l’uovo pastorizzato, com’è andata? «Male, è stato un esperimento che risale a una quindicina di anni fa e per pochissimo tempo. La differenza era evidente, all’olfatto e anche da un punto di vista organolettico. Abbiamo lasciato perdere». Oggi dove acquista le uova che utilizza nel pastificio? «Da allevamenti del cesenate, soddisfano gli standard del nostro prodotto». Secondo la normativa vigente, le uova del contadino prodotte da galline che razzolano libere sull’aia, non possono essere vendute, ogni produttore deve essere certificato. Unica soluzione avere una nonna o un parente con un pollaio, preferibilmente in un area incontaminata. Missione quasi impossibile.

Remelli mi mostra una confezione di uova prodotte da un allevatore livornese che alleva gli animali all’aperto, il costo è superiore alla media, quanto la garanzia di mangiare un prodotto garantito o, se preferite, sano. La qualità si paga, è un dato oggettivo, spendere di più ripaga? «Assolutamente sì, chi lavora con materie prime certificate che sa da dove provengono, come sono state coltivate nel caso di frutta e verdura, o allevate per uova carni e latticini, è oltre metà dell’opera». Da qualche giorno su latte e latticini è obbligatoria l'etichettatura che riporta luogo di mungitura del latte e di lavorazione del prodotto; favorevole? «Era ora, conoscere con certezza ciò che si acquista e poi si mangia è un diritto del consumatore. Le tasche poi fanno la differenza, ovvero, ci sarà sempre chi vuole risparmiare ma deve essere consapevole dell’incertezza sulla qualità di ciò che acquista».

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