In stazione Porta Nuova il presidio per Moussa, Ramy e Muhammad: "Vittime di omicidio razziale"
La manifestazione organizzata dal Comitato Verità e Giustizia per Moussa a tre mesi dalla sua morte: ricordati anche il 19enne e il 23enne che hanno perso la vita a Milano e Verucchio (Rimini)
Dal 20 ottobre 2024 al 19 gennaio 2025. Sono trascorsi tre mesi dal caos che scosse la stazione Porta Nuova di Verona e che si concluse con la morte di Moussa Diarra, 26enne originario del Mali, ucciso da un proiettile sparato da un agente della Polfer, dopo che nella notte e durante la mattina aveva provocato danneggiamenti e violenze, creando il panico in città, il tutto armato di coltello.
La vicenda, fin dai primi momenti, ha scatenato polemiche e grande dibattito, soprattutto per il drammatico esito finale. Nonostante il resoconto della Questura, è in corso un'indagine per capire come si siano svolti i fatti e se effettivamente gli spari, di cui uno ha attinto al petto Moussa, siano stati necessari per arginare la veemenza del 26enne.
Proprio con questo fine, in città si è venuto a creare un movimento dal nome "Verità e Giustizia per Moussa", molto attivo in questi mesi con presidi e manifestazioni. Domenica 19 gennaio 2025, davanti alla stazione Porta Nuova teatro della tragedia, gli attivisti sono tornati a far sentire la loro voce.
Presidio a Verona per ricordare Moussa, Ramy, Fares e Muhammad
Moussa, Ramy e Muhammad. Sono questi i tre nomi che compaiono nei cartelloni dei circa 70 manifestanti che nel pomeriggio di domenica 19 gennaio 2025 hanno organizzato un presidio davanti alla stazione Porta Nuova di Verona. Obiettivo della protesta è stato quello di portare l'attenzione su tre vicende che, secondo il movimento "Verità e Giustizia per Moussa", riguardano le "vittime di omicidio razziale".
Oltre al caso di Moussa, infatti, la contestazione ha messo al centro anche i recenti episodi di Ramy e Muhammad: il primo, 19 anni, ha perso la vita a Milano il 24 novembre 2024 dopo che, a bordo di uno scooter con un amico, è stato speronato da un'auto dei Carabinieri durante un inseguimento; il secondo, invece, 23enne egiziano che a Capodanno ha accoltellato quattro persone, è stato ucciso con cinque spari, sempre da un militare dell'Arma, a Villa Verucchio in provincia di Rimini.
Per i manifestanti, giunti anche da Milano e Brescia, le tre vicende sarebbero collegate:
"Sono vicende pesanti, legate dal razzismo. Da retaggi storici del nostro Paese. Siamo qui per ricordarli, perché certe vite sembrano contare meno di altre" hanno riferito ai microfoni gli attivisti.
Il caso Moussa Diarra
Tornando al caso di Moussa Diarra, il 26enne, richiedente asilo del Mali, ha perso la vita nella mattina del 20 ottobre 2024 quando, in stazione Porta Nuova, è stato colpito al petto da uno di tre proiettili sparati da un agente della Polfer. Il poliziotto ha esploso i tre colpi dopo che il maliano, armato di coltello, si sarebbe scagliato contro di lui.
"Il ragazzo straniero - si legge nel comunicato di Procura e Questura - durante la notte è stato autore di una serie di danneggiamenti e violenze. In particolare, le telecamere cittadine lo hanno ripreso poche ore prima della tragedia mentre, sempre armato di coltello, aggredisce degli operatori della Polizia Locale che sono costretti ad allontanarsi e chiedere supporto per sfuggire alla sua furia.
Tornato nella stazione di Verona Porta Nuova, ha ripreso le sue azioni violente arrivando a scagliarsi anche contro un operatore della Polizia ferroviaria che, aggredito da posizione ravvicinata, ha esploso tre colpi in rapida successione".
Una volta caduto a terra, lo stesso agente ha cercato di rianimarlo, ma il suo intervento non ha potuto nulla. Fin da subito, la Procura di Verona ha aperto un'indagine sulla sparatoria, nel tentativo di far chiarezza sulle circostanze dell'accaduto.
Le più recenti notizie sul caso hanno fatto sapere che dagli esami tossicologici non è stata rilevata traccia di alcol e stupefacenti nel sangue di Moussa.
"Non c'è traccia di alcool e droga, né sostanze stupefacenti - ha dichiarato in un'intervista al TGR Veneto Giorgio Brasola, membro del Comitato Verità e giustizia per Moussa - Tutto questo ce l’hanno sempre detto, gli amici di Moussa, la comunità maliana e soprattutto il fratello di Moussa, che per sempre ha sostenuto che Moussa non aveva mai assunto alcool e droga nella propria vita".
Il Comitato Verità e giustizia per Moussa, insieme al fratello Djemanga, si oppone alla versione ufficiale e punta il dito in particolare sulle immagini delle telecamere di videosorveglianza: anche se non completamente chiare, sono ora sotto analisi da parte della scientifica di Padova. Due delle telecamere, come confermato dal Procuratore di Verona, hanno ripreso gli spari e la caduta di Moussa, seppur da una visuale laterale e distante. Gli avvocati stanno lavorando a stretto contatto con i periti per una revisione accurata delle immagini raccolte, nella speranza di fare luce su quanto accaduto davvero quella tragica mattina.
Il passato di Moussa
Moussa Diarra, a Verona, aveva trovato un impiego come lavoratore agricolo con contratto regolare. Tuttavia, da tempo era preda di un profondo malessere, come spiegato dal fratello Djemanga.
Negli ultimi mesi, specialmente dopo la morte del padre in Mali avvenuta tre mesi fa, aveva smesso di parlare e trascorreva le sue giornate al "Ghibellin Fuggiasco", dove Moussa si era stabilito.
Il 10 ottobre scorso avrebbe dovuto rinnovare il permesso di soggiorno con il suo contratto agricolo, ma qualcosa lo aveva fermato. Nonostante le rassicurazioni degli amici e i tentativi di incoraggiarlo a trasferirsi altrove, Moussa aveva scelto di restare, fino alla tragedia di domenica mattina.
Gli esami sul sangue di Moussa sono anche alla ricerca della possibile presenza di un antidepressivo che Moussa assumeva regolarmente proprio per gestire il suo stato d'animo fortemente influenzato dalla sua situazione di vita e lavorativa. I risultati su questa sostanza, tuttavia, sono ancora attesi.