Investigazione digitale, un convegno a Verona parla degli "Sherlock Holmes" di oggi

L'evento si è tenuto oggi all'auditorium del Banco BPM in viale delle Nazioni ed è stato organizzato dall'ordine degli ingegneri della città scaligera.

Investigazione digitale, un convegno a Verona parla degli "Sherlock Holmes" di oggi
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Ognuno ha dietro di se un'ombra informatica. Mezzi di comunicazione popolari come gli smartphone diventano, per social network e motori di ricerca, tramite per vigilare sulle nostre parole e abitudini. “Lo Sherlock Holmes di oggi più che sequestrare un oggetto sequestrerebbe
una password”. Lo dichiara Matteo Cristani, professore di Web Semantico all'Università degli Studi di Verona in occasione della giornata di formazione professionale promossa al Banco BPM in viale della Nazioni dall'Ordine degli Ingegneri di Verona, con il patrocinio dell'Ordine degli Avvocati di Verona e del Dipartimento di Informatica UniVre e la partecipazione delle principali Forze dell'Ordine.

Ottima partecipazione di pubblico

“Abbiamo avuto un numero inaspettato di iscritti, pari a 250, per quello che pensavamo un tema di nicchia”, fa presente il presidente dell'Ordine degli Ingegneri, Andrea Falsirollo. “Ci sono docenti e persino studenti degli istituti tecnici superiori, motivati a saperne di più sulla cosiddetta Digital Forensics, ossia la scienza per l’investigazione digitale che offrirà sempre maggiori sbocchi lavorativi, e per la quale stanno nascendo nuove cattedre in tutta Italia”. A giugno si replicherà quindi con un taglio più giuridico, per rispondere alle esigenze
dettate dall'evoluzione dei tempi. “Qualsiasi tecnico informatico, nel caso dovesse fornire prove per una determinata indagine, grazie ai telefonini di ultima generazione che ormai tutti hanno in tasca, saprebbe risalire facilmente al luogo in cui ci trovavamo al momento stesso del reato. A meno che il nostro smartphone non fosse in modalità offline”, evidenzia Michele Vitiello, professore di Metodologie di acquisizione delle prove all'Università Uninettuno di Roma. “Meno collaborativo con le forze dell'ordine risulta l'iphone che, se protetto da password, ancora oggi nel 99% dei casi resta inaccessibile persino ai più grandi esperti in materia. Da esso non è ancora possibile estrarre in modo automatico le email, che vanno tirate quindi fuori una alla volta. Vogliamo essere sempre più protetti e quindi i sistemi diventano più sicuri e difficili da penetrare”.

Investigazione digitale sempre più al centro delle indagini

La problematica di fondo, come illustra Sebastiano Battiato, professore di Digital Forensics all'Università degli Studi di Catania, è che la scienza per l’investigazione digitale che studia come ottenere, preservare, analizzare e documentare dai dispositivi elettronici le evidenze digitali rendendole valide in sede di giudizio, evolve a velocità enorme. Il suo utilizzo è sempre più al centro delle indagini su crimini, rapine, episodi di cyberbullismo o di violenza, o ancora frodi e sequestri di dati informatici. Gli esempi si rincorrono nella cronaca recente, dallo scandalo della Regione Lombardia a la caso dei due esponenti di CasaPound incastrati dal video della violenza sessuale ritrovata sui loro smartphone. Ma servono regole rigide. “Fatichiamo a tenere il passo nella specializzazione”, spiega Battiato. “È fondamentale una metodologia precisa per il reperto di un indizio. Perché una prova abbia valore in sede giuridica le analisi devono essere ripetibili e verificabili”.

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