Assurdo ma vero

La "bella vita" con fiumi di denaro, orologi, hotel, ristoranti e poi lo "scacco matto" a Poste Italiane

Il meccanismo era "semplice": ottenevano bonus edilizi per interventi inesistenti, poi cedevano il credito e incassavano...

La "bella vita" con fiumi di denaro, orologi, hotel, ristoranti e poi lo "scacco matto" a Poste Italiane
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L’accusa è quella di aver fatto parte di un’associazione per delinquere il cui solo scopo era quello di commettere truffe per l’illecita percezione di contributi statali, il c.d. “bonus facciate”, utilizzando crediti fiscali fittizi che, una volta monetizzati, venivano riciclati nell’acquisizione di attività economiche sul Lago di Garda. Il tutto, tra l’altro, aggravato dal carattere transnazionale, avendo gli indagati operato sia sul territorio nazionale che estero.

La "bella vita" con fiumi di denaro, orologi, hotel, ristoranti e poi lo "scacco matto" a Poste Italiane

Con questa motivazione i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Verona e Agrigento e i Carabinieri del Comando Provinciale di Verona, in collaborazione tra loro, hanno eseguito, alle prime ore di oggi – in Veneto, Lazio, Piemonte e Sicilia – un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Verona su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 10 soggetti, 3 dei quali condotti in carcere e 7 agli arresti domiciliari, mettendo i sigilli anche a conti correnti, autovetture, immobili nonché a una società, a un hotel, a due pasticcerie, a due ristoranti e ad un locale sul lungolago gardesano.

L’Autorità Giudiziaria scaligera ha infatti anche disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca di beni per un valore che ammonta a oltre 5 milioni di euro.

L’associazione a delinquere, che operava su gran parte del territorio nazionale, aveva base nel comune di Peschiera del Garda (VR) e nell’area bresciana del Lago di Garda, dove gli indagati, di origine siciliana, calabrese, campana e albanese – avvalendosi della professionalità di un commercialista attivo nella Provincia di Treviso – dopo aver monetizzato, attraverso la cessione a Poste Italiane Spa, circa 5 milioni di crediti d’imposta fittizi provenienti dal cd. “bonus facciate”, avevano reinvestito e riciclato i proventi della imponente truffa ai danni dell’Erario acquistando locali turistici e commerciali sul lago.

L’Ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari e il decreto di sequestro preventivo hanno interessato 12 persone fisiche operanti in Italia e in Spagna, tutti indagati, a vario titolo, per i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio.

Le indagini, frutto di una convergenza investigativa, hanno avuto un parallelo avvio, tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 nella provincia di Agrigento ad opera dei Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria del capoluogo siciliano e sul territorio gardesano ad opera dei militari dell’Arma di Peschiera del Garda.

In particolare, le Fiamme Gialle agrigentine coordinate dalla Procura della Repubblica, della città dei Templi, nell’ambito di un vasto contesto investigativo, avevano intercettato alcune conversazioni telefoniche, di contenuto criptico, da cui però emergevano operazioni aventi ad oggetto transazioni finanziarie collegate alla cessione di crediti fiscali provenienti da “bonus edilizi”.

Gli approfondimenti operati della Guardia di Finanza nei confronti dei soggetti indagati disvelavano infatti un articolato meccanismo fraudolento che si estendeva ben oltre i confini siciliani e che stava inquinando l’economia del territorio scaligero.

Parallelamente, i Carabinieri del Comando Compagnia di Peschiera del Garda stavano procedendo con autonome indagini nei confronti di alcuni soggetti da poco insediatisi nell’area gardesana, che, evidenziando una consistente e anomala disponibilità finanziaria, stavano concludendo frenetiche operazioni di acquisto di strutture turistiche e attività commerciali sulla sponda sud occidentale del Lago di Garda.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona, interessata dai Carabinieri veronesi e dai magistrati agrigentini, disponeva pertanto una sinergia investigativa delegando le indagini sull’intero contesto ai Carabinieri della Compagnia di Peschiera del Garda e ai Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico finanziaria di Verona, così valorizzando le specifiche competenze delle due Forze di polizia.

L’efficace scelta operata dall’Autorità Giudiziaria inquirente e la proficua collaborazione nelle indagini ha così consentito di ricostruire in tempi rapidi ed in maniera analitica le operazioni effettuate dagli indagati e i rapporti intrattenuti sul territorio scaligero.

Le correlate investigazioni hanno infatti permesso ai Finanzieri e ai Carabinieri veronesi di portare a piena luce un meccanismo illecito, sviluppatosi mediante plurime condotte fraudolente, ad opera di una compagine criminale che ha creato ad arte i presupposti per la comunicazione all’Agenzia delle Entrate di oltre 17 milioni di euro di crediti d’imposta inesistenti in relazione ai “bonus facciate”.

Gli accertamenti hanno fatto emergere che all’origine delle catene di cessione dei crediti fittizi vi erano svariate decine di persone fisiche che risultavano aver dichiarato (nella maggioranza dei casi inconsapevolmente) di avere effettuato lavori di ristrutturazione edilizia delle facciate esterne (così acquisendo il diritto alla detrazione del relativo importo pari al 90% della spesa che avrebbero dovuto sostenere) e di aver poi comunicato di aver ceduto i relativi crediti a terzi.

Successivamente le pratiche, per centinaia di migliaia di euro, venivano trasmesse, per conto degli ignari titolari, ad opera di un commercialista residente nella provincia di Treviso, previo concerto ed in accordo con gli altri membri del sodalizio criminale. I crediti d’imposta così originati venivano ceduti a società e imprese individuali, tutte riconducibili agli indagati, direttamente o indirettamente, le quali (a loro volta) li cedevano a POSTE ITALIANE SPA (inconsapevole della frode e indotta in errore) per un importo complessivo pari a circa 5 milioni di euro monetizzandoli in denaro utilizzabile a tutti gli effetti.

Il denaro ottenuto illegalmente come controvalore dei crediti veniva trasferito su conti esteri (soprattutto spagnoli) per poi rientrare nella disponibilità del sodalizio che lo ha utilizzato per acquistare attività economiche ovvero un hotel, due bar, due pasticcerie, due ristoranti sul Lago di Garda nonché abitazioni ad uso residenziale e varie quote di società.

Le persone arrestate sono state tradotte in carcere o in regime di arresti domiciliari in attesa di essere ascoltate dal GIP per rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio. Le attività economiche sequestrate sono state affidate ad un Amministratore Giudiziario individuato nel provvedimento cautelare dal Tribunale di Verona.

L’attività ha messo in luce, ancora una volta, come il territorio scaligero, economicamente vivace e dinamico, risulti meta particolarmente appetibile di mimetismo criminale per il reimpiego e il riciclaggio di capitali ottenuti illecitamente da parte delle organizzazioni criminali e che l’attento e costante controllo del territorio da parte di Carabinieri e Guardia di Finanza, nell’ambito delle specifiche competenze, costituisca efficace argine affinché non vadano disperse importanti risorse pubbliche che vengono sottratte alla collettività con grave danno all’economia del Paese.

Si sottolinea che il provvedimento cautelare personale e reale ora eseguito interviene nell’attuale fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio. La responsabilità penale degli indagati sarà accertata solo all’esito del giudizio con sentenza penale irrevocabile. Nei confronti degli stessi vige, infatti, la presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva.

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