La famiglia di Diarra chiede giustizia: "Vogliamo i filmati, Moussa non era un criminale"
Le ricostruzioni ufficiali sull'uccisione del 26enne del Mali sparato da un poliziotto in stazione non convincono l'avvocato della famiglia e il comitato "Verità e Giustizia per Moussa"
Un unico colpo di pistola ravvicinato al cuore ha provocato la morte di Moussa Diarra, il 26enne del Mali ucciso domenica 20 ottobre 2024 alla stazione dei treni Verona Porta Nuova. Un atto di legittima difesa da parte di un poliziotto, che tuttavia non convince la famiglia del ragazzo ancora in lutto: "Vogliamo i filmati delle videocamere, Moussa non era un criminale".
La famiglia di Moussa Diarra chiede giustizia
I fatti, ricostruiti dalla Questura e dalla Procura di Verona, raccontano che il 26enne del Mali sia stato ucciso da un colpo sparato da un agente della polizia ferroviaria, minacciato con un coltello da cucina, dopo due colpi di avvertimento.
L’agente avrebbe poi provato a rianimare Moussa Diarra fuori la stazione di Verona Porta Nuova, teatro della tragedia, ma non c’era più nulla da fare.
Da allora non si placano le polemiche: si parla di un video che confermerebbe la versione della polizia, Moussa Diarra avrebbe avuto un coltello in mano e l'altro nello zaino. Con la lama il giovane avrebbe tentato di aggredire il poliziotto e la distanza tra i due è stata definita "ravvicinata al momento dello sparo".
Ma l’avvocato della famiglia Moussa, Paola Malavolta, parla di fughe di notizie confuse che si rifanno ad una ricostruzione dei fatti non ancora accertata.
“Abbiamo chiesto più volte al pubblico ministero di poter acquisire e di vedere le telecamere - ha raccontato l'avvocato della famiglia Diarra - Oltretutto le hanno le stesse autorità a cui appartiene la persona indagata e ovviamente abbiamo tante perplessità. Noi avevamo il medico legale che voleva vederle, il perito balistico che voleva vederle e anche il nostro esperto informatico.
Noi ci fidiamo assolutamente della giustizia, ma perché se li hanno visti dall'altra parte, ammesso che li abbiano visti, a noi non è ancora stato concesso di vederli?”.
Indagato per eccesso colposo di legittima difesa il polfer
Sulla vicenda sono dunque ancora in corso le indagini della Procura della Repubblica di Verona con il Pubblico ministero Maria Diletta Schiaffino.
"L’indagine - conclude la nota delle autorità - potrà quindi avvalersi di riscontri oggettivi che saranno fondamentali per una ricostruzione completa ed imparziale di quanto accaduto".
Il poliziotto che ha sparato i colpi a Moussa è ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa. A tal proposito, si era espresso l'avvocato del polfer, Matteo Fiorio:
"Non aveva alternative. Abbiamo valutato che era stato opportuno rilasciare subito l'interrogatorio perché non c'era motivo di aspettare, visto che i fatti comunque erano chiari e lui se li ricordava bene. Ora lasceremo fare alla procura il suo lavoro e la raccolta del quadro probatorio completo, poi faremo le nostre valutazioni”.
Il presidio fuori Porta Nuova
Intanto il comitato "Verità e Giustizia per Moussa", che si è creato attorno alla figura del 26enne maliano, sta ancora cercando testimoni.
Per questo ieri, martedì 12 novembre, è stata indetta una conferenza stampa davanti alla stazione di Porta Nuova, dove sono avvenuti i fatti. Il fratello ha voluto ribadire un messaggio:
"Chiedo alla Giustizia di mostrare questo video per verificare se Moussa avesse davvero un coltello. E' un'accusa veramente grave".