Maestà Francesca Porcellato: l’«InsuperAbile»

E’ sposata con Dino Farinazzo e vive in città da oltre 20 anni: «La gente qui mi vuole tanto bene, mi coccola»

Maestà Francesca Porcellato: l’«InsuperAbile»
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E’ sposata con Dino Farinazzo e vive in città da oltre 20 anni: «La gente qui mi vuole tanto bene, mi coccola»

Francesca Porcellato è una ragazza super-abile nata a Castelfranco Veneto il 5 settembre 1970. Da oltre 20 anni vive a Valeggio, dove si è trasferita per stare accanto all'uomo della sua vita, Dino Farinazzo. All'età di 18 mesi, a Riese Pio X, davanti casa, un camion in manovra l'ha travolta causandole una paraplegia, ovvero l'impossibilità di utilizzare gli arti inferiori. Così, Francesca, ha deciso che della sua vita avrebbe fatto un capolavoro di sport e determinazione. Trovarla per un'intervista è praticamente impossibile e già un tentativo era miseramente naufragato.

Francesca, non sento nulla... ma dove sei?

A Rovere, un altopiano vicino L'Aquila. Sto effettuando la preparazione in vista dei mondiali che si terranno in Sudafrica a fine settembre. Gareggerò nella handbike, sia cronometro che corsa su strada. Ho scelto Rovere per evitare il caldo e perché questi 1400 metri sono la quota ideale per allenarsi.

Ma quante discipline sportive hai cambiato in questi anni? In compenso, però, hai sempre lo stesso uomo...

Dino è il mio «tutto»... compagno, allenatore, motivatore. Riguardo alle discipline in cui ho gareggiato ad alti livelli, sono tre: su tutte l'atletica leggera con ben sei Paralimpiadi. Poi per caso ho provato lo sci di fondo e, visto che la preparazione a secco era simile all'atletica e si avvicinavano i giochi olimpici di Torino 2006, ho gareggiato anche in questa disciplina. Per allenarmi per lo sci nel periodo estivo avevo preso una handbike, per la quale persi subito la testa. Iniziai a fare qualche gara ma solo per togliere la monotonia dell'allenamento; i risultati iniziarono a farsi interessanti e arrivò la chiamata del tecnico nazionale.

Ho provato a fare un conteggio dei trofei e delle medaglie che hai messo in bacheca, ma nemmeno Wikipedia se la sente di aiutarmi.

La verità è che non li ho mai contati: vinco, prendo e metto via. Chiaramente discorso a parte le 13 medaglie olimpiche... praticamente sono sempre salita sul podio.

Qual è la medaglia più bella?

Quella che deve ancora venire, ça va sans dire. Le amo tutte, ognuna di esse è frutto di un percorso, ha la sua storia. Quella di Vancouver, per esempio, è stata una scommessa vinta: arrivavo dal titolo di vice campionessa olimpica ad Atene, due argenti e bronzo in atletica leggera... mi sono applicata e ho conquistato l'oro nello sci di fondo.

E' blasfemo dire che la disabilità per te è stata un'opportunità?

No. Grazie allo sport ho avuto anche una bellissima vita quotidiana. Mi si sono presentate tante opportunità: sin da piccola volevo essere sportiva, volevo correre veloce e ci sono riuscita. Ho disputato 10 Olimpiadi in tre discipline differenti, i miei genitori mi hanno sempre incoraggiata: ho potuto scegliere quello che volevo fare e sono riuscita quasi in tutto. Senza quell'incidente non so se sarei stata così vincente e se avrei avuto una vita così divertente.

Sei la prima al mondo ad aver vinto medaglie in tre discipline diverse.

Teoricamente sì, ma a Rio la mia gara in linea era accorpata ad una categoria superiore con atleti di minore disabilità, quindi ci sono di mezzo dei tecnicismi; tuttavia sì, ho vinto la medaglia di bronzo a tutti gli effetti. E' stato incredibile: a causa di un'ernia avevo praticamente perso l'uso del braccio. Ho lavorato tantissimo, mi sono fatta un mazzo così e alla fine ho recuperato e vinto la medaglia. Crederci sempre, mollare mai: non è un motto, è la mia vita.

Io ricordo di aver scoperto le Paralimpiadi grazie alle tue medaglie. Sei diventata famosissima con la tua capigliatura rossa e il tuo sorriso che sono entrati nelle case di mezzo pianeta.

Ora c'è Bebe Vio che è famosissima. Battute a parte, ho iniziato in anni in cui lo sport paralimpico non si conosceva e i media non ne parlavano. Non c'era internet, era difficile anche per noi atleti avere informazioni. Ho vissuto tutto l'iter di crescita e uno dei canali più efficaci sono state le maratone, a cui partecipano migliaia di persone. Ho portato lo sport paralimpico in mezzo alla gente: i primi anni ci vedevano come dei poveretti, sentivo i commenti... poi man mano hanno capito e apprezzato, e ci ora rispettano come atleti veri. Chiaramente le televisioni hanno aiutato molto perché le immagini, molto belle, hanno spinto molte persone a dare di più: noi dimostriamo che si può fare tutto, basta crederci.

Ma Bebe Vio?

Era piccolissima, me la ricordo ancora... era una ragazzina che voleva tirare di scherma. Pian piano l'ho vista diventare una ragazza e poi una campionessa. Sono contenta del suo percorso: io volevo correre veloce, lei voleva schermire, e ci siamo riuscite. Bebe dà molta visibilità a tutti noi.

Cosa ti lega a Valeggio?

Un marito (ride, ndr). Mi piace moltissimo, io mi sento valeggiana e i cittadini mi vogliono bene. Per le gare e gli allenamenti sto via tantissimo, ma quando torno è sempre una festa.

E a civiltà, a Valeggio, come siamo messi?

Abbastanza bene... diciamo che la mia presenza è «educatrice». Per carità, ogni tanto mi capita di trovare i parcheggi riservati ai disabili occupati in modo abusivo. E' paradossale: vinci gli ori olimpici, ti senti sul tetto del mondo, ma poi torni a casa e rimani bloccata per un parcheggio rubato, per un gradino o per una porta troppo stretta. A Valeggio alcune barriere sono state eliminate, si può fare meglio e lo dico sempre al sindaco.

Sei Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, Ufficiale dell'Ordine, Commendatore e Collare d'Oro per meriti sportivi. Cosa manca?

Nulla (ride, ndr). Quando ho preso il cavalierato pensavo fosse il massimo, poi sono arrivati gli altri riconoscimenti.

Hai vinto tutto, cosa ti spinge ad andare avanti?

Divertimento e passione per lo sport. Mi diverto ancora, mi piace faticare. Il prossimo obiettivo sono i mondiali, poi si vedrà: sono «durata tanto» per questo, perché ho obiettivi quasi mensili, non penso mai a lunga scadenza.

Ma a Valeggio, quando tornerai?

A settembre, aspettatemi, mi raccomando!

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