Impresa a metà per Marco Mazzi, bloccato nella Valle della Morte
Il valeggiano era impegnato nell'iniziativa “Da meno 50 a più 50 gradi per il dono del sangue"

Il valeggiano era impegnato nell'iniziativa “Da meno 50 a più 50 gradi per il dono del sangue"
Impresa a metà: Marco Mazzi, ultramaratoneta e donatore di sangue di Fidas Verona, residente a Valeggio sul Mincio, si è dovuto ritirare dalla “Badwater Ultramarathon”, nella Death Valley californiana. Ha percorso circa 60 miglia nel bollente deserto americano, a oltre 45 gradi centigradi, con un vento rovente; poi la disidratazione e l’eccessivo calo di sodio l’hanno bloccato, provocandogli crampi muscolari e costringendolo al ritiro.
Partito lunedì 10 luglio, alle 21.30 ora americana, dopo 15 ore di corsa Mazzi si è dovuto arrendere a una delle gare più difficili al mondo. L’ultramaratoneta aveva già espugnato la Valle della Morte nel 2012, correndo per 36 ore; nel 2013 ci aveva riprovato, ma l’estrema calura l’aveva piegato anzitempo. Anche questa volta, purtroppo, il deserto è stato più forte. Due tappe in infermeria non sono bastate a fargli riacquistare il giusto equilibrio e i medici gli hanno consigliato di interrompere la competizione, per tutelare la sua salute.
La gara rientrava nel progetto “Da meno 50 a più 50 gradi per il dono del sangue”: un’impresa sportiva e solidale sostenuta da Agsm Verona e Canadiens, con cui il donatore di sangue aveva deciso di festeggiare i 50 anni d’età (ve ne avevamo parlato QUI). Alla fine di gennaio aveva conquistato i ghiacci del Minnesota (Usa), correndo per 46 ore e 31 minuti nella neve, il tempo necessario a coprire i 220 chilometri in solitaria della “Arrowhead 135 mile Winter Ultramarathon”. L’altra metà del progetto, la corsa a 50 gradi centigradi, era proprio la “Badwater Ultramarathon”.
L’atleta rientrerà in Italia sabato; ad accoglierlo ci saranno i familiari e i donatori di Fidas Verona, che hanno seguito passo dopo passo l’impresa, tenendo monitorato il segnale gps durante la gara. «Nell’ultramaratona più difficile al mondo, cui partecipano per invito i cento atleti più forti del pianeta, Marco ha dimostrato di avere grande coraggio, insistendo per proseguire e provando a persuadere i medici che, in condizioni climatiche così estreme, hanno giustamente dovuto prendere la decisione più sicura per la sua incolumità – commenta il presidente di Fidas Verona Massimiliano Bonifacio –. La sfida non è riuscita appieno, ma Marco deve essere orgoglioso di aver tentato l’impresa e consapevole che la sua testimonianza ha dato grande risalto al dono del sangue: questa è comunque una grande vittoria».