Meningite, la testimonianza shock: «Mio figlio è quasi morto a 6 anni»
Le parole di una mamma di Villafranca che anni fa ha rischiato di perdere il proprio bambino per un’encefalite acuta con complicazioni alle meningi

Le parole di una mamma di Villafranca che anni fa ha rischiato di perdere il proprio bambino per un’encefalite acuta con complicazioni alle meningi
Elisabetta, nome di fantasia, è la mamma di Francesco, nome inventato anche questo. Vive a Villafranca e oggi ha 71 anni. La incontriamo perché ha vissuto il dramma della meningite sulla pelle del suo bambino. «Siamo nel giugno del 1986. Mio figlio aveva appena compiuto 6 anni e aveva contratto una banale varicella, cosa comune all’asilo. Io non mi ero preoccupata più di tanto, si trattava di una malattia esantematica più comune. Però i giorni passavano e Francesco non migliorava, anzi, iniziava ad accusare nuovi sintomi come dolore addominale e rigidità al collo. Così siamo andati subito dal suo pediatra, il dottor Gaetano Fioravanti, che da grande diagnosta capì subito che non si trattava di semplice varicella ma che c’era qualcosa che non quadrava. La sera stessa mio figlio era già ricoverato in Borgo Trento» racconta Elisabetta.
Le lacrime irrigano il suo volto nonostante siano passati 30 anni. Il reparto è quello delle malattie infettive, ma nessuno cita quella parola maledetta, «meningite», e invece si trattava proprio di questo: tra gli altri virus che causano la sua variante asettica c’è proprio la varicella. Tecnicamente Francesco aveva un’encefalite acuta con complicazioni alle meningi. Per 12 giorni, 24 su 24 è collegato alle flebo e ai macchinari, tra cui l’encefalogramma. Gli somministrano cortisonici e antibiotici molto pesanti perché nel frattempo viene compito anche dalle convulsioni. «Io e mio marito eravamo nella disperazione più totale. Chiedevamo ai medici cosa avesse Francesco, ma nessuno ci rispondeva, ci dicevano solo che bisognava aspettare. Io sono cattolica, non potevo fare altro che pregare, giorno e notte, e chiedevo a tutti quelli che conoscevo di fare altrettanto. Non mangiavamo più, eravamo sempre incollati al letto di Francesco.
I medici ci avevano fatto intendere che anche se fosse guarito sarebbe potuto rimanere invalido». Elisabetta assiste suo figlio giorno e notte, mentre è immobile, legato a quelle flebo che scandivano i minuti con le gocce. Fino ad una mattina, a quella mattina. Il racconto di Elisabetta è forte anche per chi non crede in alcun dio: «Una mattina lo avevo in braccio e lo stavo coccolando, quando ad un certo punto ha detto: “Mamma c’è la Madonna”. Si era rivolto verso il lato sinistro, dove c’era l’armadio. “È piccolina, la vedi?” e da solo si era fatto il segno della croce e aveva iniziato a recitare l’Ave Maria».
Questa volta Elisabetta piange e dire qualcosa è inutile. «Da quel momento è passato tutto, io mi sono buttata in ginocchio, ho pianto, non so nemmeno quanto. Credo fosse la Madonna del Frassino di Peschiera, che è piccolina. Dopo qualche giorno siamo tornati a casa e lui era perfettamente guarito. Sa di essere vivo grazie a ad un miracolo ma non ricorda nulla di quell’apparizione. Sì, è stato un miracolo, non ci sono dubbi» ci dice convinta Elisabetta. Francesco era vaccinato per tutto, tranne che per la varicella, che all’epoca non era così diffuso. «Se oggi lo vaccinerei? Certamente».