Il caso

Operazione Revenge: ecco i nomi degli arrestati e i dettagli dell’intervento

Si tratta della maxi operazione del Comando Provinciale dei Carabinieri, le indagini hanno portato ad 8 arresti e 15 indagati.

Operazione Revenge: ecco i nomi degli arrestati e i dettagli dell’intervento
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Si è conclusa con l’arresto di 8 soggetti di nazionalità italiana ma di etnia Sinti l’operazione “Revenge”, iniziata nel settembre 2018. Ci sono altri 15 soggetti indagati per un danno complessivo di oltre mezzo milione di euro.

Cosa è successo

All’alba di questa mattina, nelle province di Venezia, Verona, Piacenza e Rovigo, circa 100 Carabinieri del Comando Provinciale di Venezia e degli altri Comandi Provinciali interessati, con l’ausilio del 4° Battaglione “Veneto”, nonché del 14° Nucleo Elicotteri di Belluno e del Nucleo Cinofili di Torreglia (PD), hanno eseguito 8 misure di custodia cautelare, di cui 6 in carcere e 2 agli arresti domiciliari, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Venezia, in accoglimento della richiesta della Procura lagunare, nei confronti di altrettanti soggetti di nazionalità italiana di etnia Sinti e di un marocchino, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, furto aggravato, ricettazione”, indebito utilizzo di carte di pagamento, maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e acquisto e vendita di arma con munizionamento. Sono inoltre in corso le perquisizioni domiciliari a carico dei soggetti arrestati e di altre 15 persone, tutte italiane, di cui 4 minorenni per cui procede la Procura per i Minorenni di Venezia, indagate per i medesimi reati.

I nomi degli arrestati

Come riportato dal documento emanato dal Tribunale di Venezia e firmato dal Giudice Massimo Vicinanza, sono state disposte le misure cautelari nei confronti di:

  • BENAICHA Hicham, nato a Skhirat (Marocco), il 26 luglio 1975 e residente a Noventa Padovana
  • DE BIANCHI Sara, nata a Dolo (Venezia) il 23 giugno 1997 e residente a Venezia – Favaro Veneto
  • DURIC Gigi, nato a Foggia il 24 gennaio 1992 e residente a Cavarzere (Venezia)
  • FULLE Diego, nato a Legnago (Verona) il 18 ottobre 1974 e residente a Cavarzere (Venezia)
  • FULLE Gosovel, nato a Legnago (Verona) il 24 settembre 1997 e residente a Cavarzere (Venezia)
  • HODOROVICH Bruna, nata a Piove di Sacco (Padova), il 28 ottobre 1975 e residente a Cavarzere (Venezia)
  • HODOROVICH Patrick, nato a Soave (Verona) il 19 maggio 1992 e residente a Cavarzere (Venezia)
  • LEVACOVIC Emanuel, nato a Venezia il 27 agosto 1996 e residente a Mestre
  • LEVACOVIC Saina, nata a Venezia il 18 agosto 1994 e residente a Mestre
  • Levak Luciano, nato a Poggio Rusco (Mantova) il 16 marzo 1965 e residente a Mira (Venezia)

Le aree di interesse

L’attività investigativa, condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Venezia tra settembre 2018
e ottobre 2019 su appartenenti a comunità sinti residenti a Cavarzere (VE), Mestre (VE) e Verona, ha consentito di rilevare l’associazione per delinquere dedita ai furti in abitazione e su automezzi in sosta, specie nei pressi di supermercati e cimiteri, delineando la responsabilità in ordine a oltre 100 fatti reato, commessi in numerose provincie di Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, emergendo che nel periodo in esame vi sia stato un danno complessivo per oltre mezzo milione di euro ai danni delle vittime.
Si è riusciti inoltre a risalire al canale di ricettazione del materiale provento di furto individuando un soggetto marocchino, residente a Noventa Padovana (PD), il quale destinava la refurtiva presso il proprio paese natale. E’ stato accertato l’indebito utilizzo delle carte di pagamento asportate nel corso delle azioni delittuose con prelievi per oltre 50.000 €. Durante le indagini è stata individuata e sottoposta a sequestro refurtiva per un valore di circa € 100.000. E’ stato inoltre appurato l’acquisto di una pistola semiautomatica con relativo munizionamento da parte di un appartenente all’associazione per delinquere.

La segnalazione parte da una faida familiare

Il nome stesso dell’operazione è singolare: Revenge è la vendetta da parte di una vittima di maltrattamenti in famiglia, la moglie di uno degli indagati che è stata oggetto di pestaggi e insulti ripetuti nel tempo. Dopo essersi rivolta ad un primo centro antiviolenza in Veneto, la vittima era stata trasferita fuori regione per motivi di sicurezza. La ragazza, all’epoca dell’inizio delle indagini poco più che ventenne, ha collaborato con il nucleo investigativo per far emergere l’associazione a delinquere.
Come racconta il Maggiore Leuzzi, oggi presente in conferenza stampa, la ragazza, ribellatasi ai maltrattamenti continui, dovuti al fatto che non accettava le attività della comunità sita a Cavarzere, ha chiesto soccorso ad un centro anti violenza ed è riuscita ad uscire dalla comunità sinti. La famiglia ha cercato di reperire informazioni sulla ragazza tramite i social network e, dopo averla rintracciata, è stato necessario che intervenisse il 112 per mettere in fuga la famiglia e trasferire la ragazza fuori dai confini regionali, in un’altra comunità dove è protetta e sorvegliata.

Una vera e propria “famiglia allargata”

Iniziata l’attività tecnica con intercettazioni e pedinamenti, si è riusciti a mappare le basi operative di questa associazione, la “famiglia allargata” (definita nell’ordinanza di custodia del dott. Vicinanza) dove i suoceri sono i responsabili. La “famiglia” condivideva tutto ciò che era provento dell’attività delittuosa ed era la suocera della ragazza a ridistribuire i proventi agli associati. Si prediligevano furti su automezzi in sosta, ma anche furti in abitazione e rapine (una in particolare, nel Padovano, in cui uno dei ladri fu arrestato a seguito analisi DNA ed è risultato essere un altro congiunto dei soggetti arrestati oggi).

Ricostruire i percorsi

E’ stato necessario ricostruire il percorso effettuato dagli arrestati per rintracciarli e capire dove si nascondevano. A Verona, attraversando la Traspolesana (strada secondaria e poco trafficata), i rapinatori raggiungevano il campo nomadi dove si trovavano anche i 4 minori indagati (ad uno di loro è contestata l’associazione). A Mestre, nel quartiere Pertini, sono stati arrestati altri tre soggetti. Un altro arrestato è stato scovato anche a Cadeo (Piacenza): si tratta di un esponente dello stesso gruppo Sinti che si è spostato, proprio in virtù del fatto che si ha a che fare con una comunità ramificata e molto presente sul territorio nazionale.

La refurtiva

Un ruolo fondamentale era ricoperto dal ricettatore dell’associazione che si occupava della rivendita di oro, gioielli, materiale elettronico e merce di valore. Questo, in particolare, faceva da spola tra Cavarzere e Mestre, pagava in contanti la refurtiva per poi stoccarla in altri magazzini e inviarla in Marocco. Sono stati trovati oltre 60mila euro di refurtiva tra MacBook, obiettivi di macchine fotografiche, borse di lusso e altro. Le carte di credito trovate nelle borse e nei portafogli venivano usate per rubare contanti: i prelievi, in totale, ammontano a circa 50mila euro. La refurtiva ritrovata supera i 100 mila euro ma si stima un danno addirittura superiore.

Le difficoltà dell’operazione

Tra i fattori che hanno rallentato l’operazione c’è stata anche la traduzione delle intercettazioni. Gli interpreti sinti sono veramente pochissimi ed è difficile trovare chi comprenda questo idioma, a metà tra una lingua e un dialetto. Molte dinamiche sono state costruite a posteriori ma non durante l’operazione. Quello che è stato appurato è che, ogni giorno, venivano effettuati dai 6 ai 12 furti, per un periodo che va da settembre 2018 ad oggi.
Gli arrestati sono stati portati in carcere: qui verranno tenuti in isolamento in celle per due persone (dal momento che fanno parte dello stesso nucleo familiare) per 14 giorni. Degli 8 arrestati, 3 sono donne (di cui una incinta): in questo caso, solo una andrà in carcere mentre le altre rimarranno ai domiciliari.

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