Piangevano miseria con il reddito di cittadinanza, invece spedivano all'estero "valanghe" di soldi
Individuati dalla Finanza 35 percettori indebiti, per la maggior parte extracomunitari senza i necessari requisiti, per un danno di circa 130mila euro.
I Finanzieri del Comando Provinciale di Verona hanno denunciato alla locale Procura della Repubblica 35 persone residenti nella provincia, sospettate di aver percepito indebitamente il «reddito di cittadinanza» per un importo complessivo di 131.638 euro.
Piangevano miseria con il reddito di cittadinanza, invece spedivano all'estero "valanghe" di soldi
I Finanzieri del Comando Provinciale di Verona, nell’ambito di apposite attività di contrasto agli illeciti in materia di spesa pubblica, hanno denunciato alla locale Procura della Repubblica 35 persone residenti nella provincia, sospettate di aver percepito indebitamente il «reddito di cittadinanza» per un importo complessivo di 131.638 euro.
Ad aver attirato l’attenzione dei militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, è stato, in particolare, l’invio di denaro all’estero che costoro avevano effettuato negli ultimi anni. Nel corso di due distinti controlli antiriciclaggio nei confronti di altrettanti «money transfer» operanti nel capoluogo - nel cui ambito le Fiamme Gialle veronesi hanno esaminato circa 86 mila operazioni di rimesse di denaro, disposte tra il 2016 e il 2020 da soggetti per lo più extracomunitari, per un valore complessivo di oltre 22 milioni di euro - i Finanzieri hanno, infatti, rilevato che nella vasta platea di disponenti detti trasferimenti, ciascuno per centinaia o migliaia di euro, ve ne erano alcuni che risultavano aver percepito anche il «reddito di cittadinanza», sebbene nelle rispettive dichiarazioni presentate ai fini della determinazione dell’ISEE gli stessi avessero indicato di essere titolari di rapporti finanziari aventi una giacenza bancaria assai modesta.
La circostanza ha insospettito gli investigatori che hanno così approfondito gli accertamenti, rilevando, in particolare, che nei nuclei familiari di 229 persone che avevano effettuato rimesse di denaro verso l’estero, vi erano soggetti avevano percepito detto beneficio per un ammontare complessivo di oltre 1,3 milioni di euro.
Incrociando le risultanze delle varie banche dati informatiche di cui dispone il Corpo, i Finanzieri hanno scoperto che tra costoro ve ne erano diversi che, al momento della presentazione della domanda della misura di sostegno, non possedevano i requisiti di lunga residenza nel territorio dello Stato. Per ottenere il «reddito di cittadinanza», infatti, è necessario, tra l’altro, che il richiedente sia residente in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo.
Nel corso degli accertamenti, i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria scaligero hanno riscontrato che la maggior parte dei soggetti (ora denunciati all’Autorità Giudiziaria) - per lo più originari della Nigeria e del Marocco - non risiedeva in Italia da dieci anni; 5 di loro, inoltre, non lo avevano fatto in maniera continuativa negli ultimi due anni.
In un caso i Finanzieri hanno constatato che uno dei richiedenti aveva percepito somme complessive per oltre 19 mila euro; in un’altra circostanza, i militari hanno rilevato che il nucleo familiare di uno dei beneficiari della misura, nei tre anni antecedenti aveva effettuato rimesse di denaro all’estero per oltre 13 mila euro.
I 35 soggetti – evidentemente non ancora colpevoli fino a quando la loro responsabilità non sarà accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili - sono stati, pertanto, denunciati alla locale Autorità Giudiziaria per l’ipotesi di reato di indebita percezione del «reddito di cittadinanza» prevista dall’art. 7, comma 1, del D.L n. 4 del 28 gennaio 2019, che prevede la pena della reclusione da due a sei anni. Nei loro confronti l’INPS ha già attivato le procedure di recupero delle somme non spettanti.
Il suddetto beneficio rappresenta una misura di politica attiva del lavoro per contrastare la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, volta al sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro. La Guardia di Finanza, pertanto, quale polizia economico-finanziaria, con l’ormai consolidato approccio operativo multidisciplinare e trasversale, è impegnata quotidianamente nel contrasto ai fenomeni di indebito accesso a detta provvidenza, che – oltre a incidere sul bilancio dello Stato – generano iniquità nei confronti dei cittadini. Il fine ultimo è infatti garantire che l’effettivo aiuto pervenga, come previsto dalle norme, alle fasce più deboli della popolazione, evitando in tal modo che le i benefici finanziari pubblici giungano a persone che non ne hanno diritto.