Profughi: fallito plebiscito per lo Sprar, ora è caos

L’«offensiva» del ministro dell’Interno Marco Minniti, tramite la prefettura di Verona, nei nostri comuni non ha sfondato: meno della metà ha aderito alla proposta

Profughi: fallito plebiscito per lo Sprar, ora è caos
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L’«offensiva» del ministro dell’Interno Marco Minniti, tramite la prefettura di Verona, nei nostri comuni non ha sfondato: meno della metà ha aderito alla proposta

Se qualcuno pensava che il «piglio deciso» del neo ministro dell’Interno, Marco Minniti, servisse a vincere le ritrosie dei nostri sindaci, si sbagliava: la maggioranza degli enti locali veronesi, 68 su 98, e oltre la metà di quelli coperti dal nostro giornale, hanno detto ancora una volta «no» allo Sprar , Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono al fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.

La forzatura era avvenuta quando, all’incontro conoscitivo con i prefetti subito dopo la sua nomina, Minniti aveva subito esaurito i convenevoli, prendendo di petto quello che è il caso più complesso degli ultimi decenni: i flussi migratori. Il titolare del dicastero aveva dato indicazione ai prefetti di convocare subito tutti i sindaci del territorio e metterli di fronte ad una scelta: aderire allo Sprar o subire i Cas, i Centri di accoglienza straordinaria, individuati attraverso bandi emanati dalle prefetture: una pratica che non prevede l’interazione con l’ente locale e si fonda sull’asse prefettura-cooperativa. Durante l’incontro a Verona, i sindaci dei nostri territori avevano ascoltato, erano tornati a casa e avevano organizzato assemblee e consigli comunali straordinari per discutere sul da farsi. E ora che la prima «dead line» del 31 marzo è scaduta, i primi cittadini hanno dovuto comunicare le intenzioni.

Chi ha optato per l’adesione allo Sprar, per altro, ha appena visto prorogato al 5 maggio il termine relativo alla presentazione dei progetti di accoglienza; questo a causa della costante crescita del numero dei Comuni che negli ultimi tre mesi hanno espresso la volontà di aderire alla rete. Questi ultimi, avendo dato l’«ok» alla proposta del ministero, ora avranno un rapporto diretto con Roma: gli ispettori valuteranno i progetti e decideranno se approvarli e, quindi, finanziarli: i tempi stimati per la fase operativa sono luglio-agosto. Cosa accadrà invece a quelli che non hanno aderito? Il loro destino sarà deciso, ancora una volta, dalla prefettura: è in fase di ultimazione il nuovo bando, mirato alle cooperative, per cercare nuove sistemazioni. E, in caso di necessità, rimane la possibilità per il prefetto Salvatore Mulas di requisire le strutture ricettive: questo il prezzo più alto da pagare per il proprio «no», oltre al fatto di non poter «mettere becco» in ciò che faranno le cooperative sul proprio territorio. 

«Non abbiamo spazi adatti per ospitare i richiedenti asilo - ha spiegato il sindaco di Povegliano, Lucio Buzzi- In più lo Sprar segue un piano specifico che, con l'organizzazione del nostro comune, non riusciamo a gestire, anche per la necessità di avere un terzo soggetto che gestisca questa iniziativa. Servono risorse, quel 5 per cento della spesa generale, che noi non abbiamo. A Povegliano c'è già un Centro assistenza straordinaria con tre cittadini di origine bengalese» ha concluso Buzzi. Anche Buttapietra , dopo un’attenta riflessione, ha detto «no» al progetto Sprar, così come Bussolengo: « Non abbiamo strutture idonee all’accoglienza, non possiamo offrire reali opportunità di lavoro che favoriscano l’integrazione e a causa delle ristrettezze di bilancio non disponiamo delle necessarie risorse per sostenere il progetto; avremmo dovuto sottrarre risorse alle attività e ai servizi che forniamo ai cittadini». Sono state queste le motivazioni principali con cui il sindaco Maria Paola Boscaini.

Altro comune del «no» è Vigasio : «Non aderiremo: sul nostro territorio esiste già un Cas a Isolalta, gestito dalla prefettura, che ci ha chiesto, come agli altri comuni, di aderire allo Sprar. Vorrebbe dire accollarsi l'onere di trovare un immobile, magari da sistemare, e poi gestire il centro di accoglienza dei profughi tramite una cooperativa. Tutte cose che impegnerebbero economicamente il comune che dovrebbe anche dare ulteriore lavoro ai propri uffici per la gestione di tutta la questione. Si devia il problema della gestione dei profughi dalla prefettura ai sindaci. Inoltre ritengo che questo sistema non abbia futuro. Come noi la pensano quasi tutti i comuni limitrofi» ha spiegato il primo cittadino Eddi Tosi. Anche la Giunta comunale di Isola della Scala ha detto no all’adesione allo Sprar, «Il nostro comune - detto il sindaco Canazza- ha una presenza del 10 per 1000 di cittadini stranieri richiedenti asilo, circa 100, ben oltre il 3 per 1000 che prevede lo Sprar».

Per il sì, invece, Castel d’Azzano: «Non ho ancora firmato nulla, prima voglio essere sicuro che chi si propone abbia le unità abitative» ha detto il sindaco Antonello PanuccioValeggio è tra quei comuni che hanno le idee chiare. E già qualche settimana fa il sindaco Angelo Tosoni lo aveva ribadito al nostro giornale: «Aderendo allo Sprar abbiamo evitato che un qualsiasi privato potesse pensare di rilevare l’albergo e trasformalo in alloggi per rifugiati, ipotesi che abbiamo visto concretizzarsi in altri comuni. Nei fatti si creerebbe un ghetto in centro paese». La scelta è stata fatta considerando il male minore, evitando che la Prefettura potesse ricorrere di nuovo al cosiddetto Cas, saltando a piè pari l’ente locale: «Lo Sprar - ribadisce Tosoni - mette un tetto sicuro al numero di immigrati (per Valeggio tra le 45 e le 50 persone, ndr), mentre il Cas non dà nessuna garanzia, ne potrebbero arrivare anche 200 e oltre. Ho scelto il male minore, a volte è l’unica soluzione possibile».

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