Rizza: «Pietro, mancano il cuore e le tue mani doro»
I ricordi dei familiari di Recchia, artigiano d’altri tempi che lo scorso giugno, poco prima di morire, aveva ricevuto l’onorificenza al merito di Cavaliere della Repubblica
I ricordi dei familiari di Recchia, artigiano d’altri tempi che lo scorso giugno, poco prima di morire, aveva ricevuto l’onorificenza al merito di Cavaliere della Repubblica
Molteplici sono i titoli da accostare al nome di Pietro Recchia. Uomo amatissimo dalla famiglia, instancabile lavoratore,????? dotato di grande manualità e di un cuore così grande da accontentare tutti.
Fu definito «L'uomo del presepe» grazie agli allestimenti natalizi di grandi dimensioni, 150 metri quadrati, che costruiva personalmente nel cortile della sua casa dove, sia le scuole che i cittadini comuni, facevano la fila per andare ad ammirare. Il 2 giugno 2017, Festa della Repubblica, è stato insignito dal Prefetto di Verona Salvatore Mulas, dell'onorificenza al merito di Cavaliere della Repubblica Italiana. Le figlie Antonella e Gabriella hanno raccontato: «Papà, menomato da un tumore alla gola alla giovane età di 36 anni, era gravemente malato da 46, costretto a convivere con l’impossibilità di nutrirsi normalmente perché privo di epiglottide, che gli fu asportata chirurgicamente. Un uomo con una grande forza d’animo che non ha mai smesso di lottare, non ha mai smesso di vivere e di donarsi agli altri completamente. Persino il giorno del suo cavalierato, poco prima della sua dipartita, il 22 giugno di quest’anno, anche se faceva fatica a stare in piedi, volle essere presente a tutti i costi a quella cerimonia così importante, che rappresentava un giusto riconoscimento a tutta una vita spesa con grande passione per il lavoro».
Nato a Buttapietra, si trasferì, con la moglie Nazarena, che sposò, per amore – come lei ha precisato – il 12 novembre 1960, a La Rizza. «Durante il terremoto del Friuli del 1979 – ha raccontato Antonella – nostro padre partì, con il suo gruppo elettrogeno, per offrire il suo aiuto. Fece lo stesso anche per i terremotati dell’Irpinia». Pietro Recchia fu direttore tecnico delle piste e dei campi di gara alla fiera cavalli di Verona, e Guardia Forestale volontaria nei gruppi antincendio. Con il suo atteggiamento un po’ burbero, celava una grande sensibilità umana ed artistica.
La moglie lo ha ricordato: «Quando andò in pensione, essendo un uomo molto attivo malgrado la malattia, iniziò a dare sfogo a manualità e creatività. Con materiale di riciclo costruiva modellini di trebbie e statue di piccole e grandi dimensioni, come i due cavalli realizzati completamente assemblando con pazienza centinaia di ferri di cavallo. A volte tornava in casa con il mal di schiena, e io lo sgridavo. Ma lo amavo troppo per tenergli il broncio». Poi la tensione si è sciolta e Gabriella ha aggiunto: «Papà aveva un’altra passione. Acquistava vecchi trattori e li faceva diventare come appena usciti da un’officina. Collezionava berretti con la visiera, realizzava sculture con i bulloni. Ritagliava le piante per dare vita a varie forme. Era unico, speciale e altruista. Un padre, un marito, un uomo, che ci ha insegnato quanto sia importante vivere la vita appieno, e aiutare le persone bisognose. Nostro padre non ci ha mai detto “vi voglio bene”, eppure ci amava incondizionatamente e lo dimostrava tanto nelle ricorrenze. A Santa Lucia la nostra cucina sembrava uscita dalle favole».
Poi la figlia ha concluso: «Ci ha insegnato moltissimo e ci ha fatto comprendere che è doveroso dare, senza avere la pretesa di ricevere, solo così si dona con il cuore tra le mani». Dieci anni fa, strano destino, il cavaliere Recchia fu colpito da un altro tumore, questa volta alla prostata. Riuscì a resistere anche a questa dura prova, a combattere contro il dolore, la sofferenza e la morte, senza mollare mai il colpo, fino all’ultimo respiro, accompagnato, mano nella mano, dalla figlia Gabriella.