Saldi, i segreti di una commessa

Tempo di saldi, anche nel nostro territorio. Una "addetta ai lavori" ci ha raccontato e svelato tutto quello che c'è "dietro le quinte"

Saldi, i segreti di una commessa
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Tempo di saldi, anche nel nostro territorio. Una "addetta ai lavori" ci ha raccontato e svelato tutto quello che c'è "dietro le quinte"

Tempo di saldi, anche nel nostro territorio. Ne abbiamo parlato con una "addetta ai lavori" che ci ha raccontato e svelato ogni segreto.   

"Ogni anno io, che sono una commessa ingenua, credo che i clienti abbiano raggiunto la sazietà dopo l’abbuffata di shopping natalizio. Invece no. Perché nel caso i vostri portafogli non siano abbastanza esausti, ci sono subito in agguato i saldi.

Partiamo dal presupposto che le commesse si preparano all’evento già con almeno due settimane di anticipo. Dall’alto dei cieli piovono circolari per predisporre il negozio a mo’ di trappola per volpi, con spostamento di merce epocale tipo ditta di traslochi. Senza contare poi le semplicissime regole per le promozioni, che sono evidentemente pensate da un sadico, scritte in allegato alla mail con carattere 9 e italiano dubbio.

Si vedono i primi avvoltoi aggirarsi tra gli scaffali già subito dopo il 26 dicembre. Fanno la loro perlustrazione con occhio clinico, segnandosi sul loro taccuino da allibratori quali articoli secondo loro potranno essere scontati oppure no. Ci vuole della costanza, lo ammetto. Bisogna braccare la preda, seguire per giorni e giorni un maglione o un paio di jeans guardando dove la commessa li ripone. A volte, addirittura, i clienti più maniacali tentano di nascondere l’articolo infilandolo in angoli remoti del negozio per tornare a prendere il bottino a suo tempo. Del resto, in amore e in saldi tutto è lecito.

Il giorno prima dei saldi il negozio è pervaso da una calma irreale. Le signore si aggirano guardandosi in cagnesco e sorvegliando il proprio “tessoro” da lontano per non svelare alle rivali l’obiettivo; le commesse possono purtroppo solo preparare le insegne speciali e ripassare le regole machiavelliche, su cui però vorrei rendervi edotti in un altro articolo. Il fatidico giorno, le soldatesse sono pronte di buon’ora. Sospetto che si accampino poco lontano dai parcheggi o che forse sostino sul tetto dell’edificio. Altrimenti non si spiega come mai siano presenti sul posto insieme al camion della merce, due ore prima dell’orario di apertura. In breve tempo si crea la coda fuori dalla porta, e emana una tensione elettrica che potrebbe tranquillamente accendere le insegne del centro commerciale intero in modo sostenibile.

Quando le gabbie si aprono, le clienti scattano cercando di mantenersi educate, ma sfoggiando un passo da maratonete al cui confronto Dorando Pietri è solo un claudicante. Se malauguratamente il negozio è ancora chiuso, la prima vede sfumare il suo vantaggio e quindi bussa sul vetro con sguardo da eroinomane, facendo presagire immediatamente alla commessa che sarà una giornata infernale. Per amore di verità, vi confesso che non c’è nulla di più odioso e indisponente di un cliente che bussa sul vetro mettendo pressione alla commessa; quasi a dire che la suddetta si è distratta giocando ai Pokémon e non sa invece che è ora di aprire. Vi avviso. Qualunque cosa stesse facendo, dopo la vostra bussata la farà più piano.

Quando si inizia a intravedere la schiuma alla bocca delle clienti, per non sporcare la vetrina, si alzano le saracinesche e la battaglia ha inizio. Sgusciano tra gli scaffali senza esclusione di colpi, si scavalcano e si fanno gli sgambetti, sgomitano e strappano. In venti minuti hanno già accatastato cumuli di cose nei camerini, cercando di provarsi anche dei leggins da bambina purché scontati. Nella prima ora praticamente si è già bruciato un quarto della merce in saldo, ma soprattutto il negozio sembra reduce da un incendio.

Ma il meglio deve ancora arrivare. Verso l’ora di pranzo, alcuni degli articoli più ambiti sono quasi esauriti; prima o poi deve succedere, qualcuno si contenderà la stessa taglia di qualcosa. Da un capo all’altro del cestone, afferrano la stessa maglietta. Quando se ne rendono conto, si bloccano, si fissano, si ergono in tutta la loro statura e arruffano il pelo con permanente e colpi di sole per intimorire il nemico. La commessa che osserva da lontano si sente Piero Angela; la lotta tra gatte prosegue con frasi a mezza voce che sembrano terribili minacce e che crescono di tono fino a quando decidono di rivolgersi a te, chiedendo l’ovvio: «Non ne avete un altro uguale?». «No, è l’ultimo perché è nel cesto dei saldi», dite voi con sorriso di godimento a stento contenuto. «E ora come facciamo?». E io, che sono una commessa democratica e fan di Tekken, afferro la maglietta, la lancio in aria e urlo: «Fight!»".

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