Simone, il «sarto» delle scale: «La mia firma»

Scapini, classe 1972, di Bussolengo, realizza manufatti su misura in luoghi impossibili per chiunque altro. «Un percorso sempre in salita, questa la mia filosofia»

Simone, il «sarto» delle scale: «La mia firma»
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Scapini, classe 1972, di Bussolengo, realizza manufatti su misura in luoghi impossibili per chiunque altro. «Un percorso sempre in salita, questa la mia filosofia»

Simone Scapini, classe 1972 si definisce «il sarto delle scale». Gli chiedo il perché di questo appellativo che si è simpaticamente dato e lui mi risponde: «Riesco a confezionare su misura delle scale in posti dove di solito nessuno ci riesce. La scala è un percorso sempre in salita, questa è la mia filosofia di vita. Non so perché, ma l'idea che da una scala si possa scendere non è mai stata parte del mio concetto. Per me una scala non è un semplice mezzo per passare da un piano all’altro ma è parte integrante dell’arredamento».

Per Simone il massimo della bellezza di una sua creazione è sotto, dove gli altri solitamente non guardano. Ognuna delle sue opere vista da questa angolazione ha una storia, scritta dentro i ferri che la compongono, tutti curvati a mano. I gradini sono a raggiera in modo che si possa salire in maniera molto comoda e sono tutte autoportanti. Una scala diventa così una scultura, parte integrante di un’abitazione. Racconta Simone: «I miei lavori sono la mia firma in quella casa, alla fine i miei clienti sono diventati miei amici e nell’arco degli anni il passaparola è stato il mio miglior biglietto da visita, il punto di forza. Ultimamente mi sta ripagando molto la mia volontà di fare le cose nella maniera migliore; se non riescono come dico io, non escono dal laboratorio». Anche la sua filosofia in fatto di cancelli esula dal normale concetto di pensiero. «Un cancello deve mettere dei confini, proteggere ma non deve dividere, deve poter dire “ti invito a casa mia, non ti lascio fuori”, il cancello deve integrare con la casa e con il panorama circostante. Non ci sono paletti, le situazioni strutturali esistono ma vengono create con altri movimenti della struttura del cancello stesso».

Nella sua storia c’è anche la parte tecnica. Nel 2001, a 29 anni, partecipa per la prima volta alla grande manifestazione dei fabbri, la Biennale Europea di Arte Fabbrile che si svolge a Stia (Arezzo) in Toscana, conseguendo il terzo premio per le sue realizzazioni. Ma la più grande vittoria personale avviene nel 2003, quando progetta per i campionati mondiali di Arte Fabbrile sempre a Stia, «Agave» una scala autoportante che si sorregge sfruttando solamente la propria ringhiera. La mancanza di sostegni strutturali stupisce tutti i partecipanti e riceve l’ammirazione dei più grandi fabbri a livello mondiale. Simone continua il suo racconto: «Durante una lavorazione ho subito un infortunio, mi sono tagliato una mano con un flessibile e quello è stato il punto massimo dove io mi sono arreso alla mia sensibilità, nel senso che io avevo una sensibilità che non sapevo di avere. In quel momento, non potendo lavorare ho sentito che toccavo il fondo e ho capito cosa significa avere un handicap, non essere più indipendente e il dover chiedere a tutti di aiutarti a compiere dei gesti che fino a qualche giorno prima ci riuscivi perfettamente. Quel periodo mi ha permesso di conoscermi meglio e di capire il perché della mia empatia. Ho anche capito che tutti, senza voler strafare, possiamo uscire dallo schema preconfezionato e migliorare in questo modo la qualità della vita».

Per Simone il suo non è un lavoro ma una vera e propria passione. All’inizio della sua attività preferiva lavorare di notte, amava il silenzio e l’oscurità, ma la sua famiglia non lo capiva, loro pensavano che non lavorasse di giorno perché preferiva bighellonare e tutto ciò era molto frustrante e lo faceva stare molto male. La sua storia sono le foto dei suoi lavori e ogni suo lavoro oltre che ad essere unico è contestualmente motivo di crescita.

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