Tatuaggi e piercing ovunque: «Ma sono un buono»
Leo, papà di due bimbi: «A volte la gente mi guarda con timore, ma poi quando mi conosce si rende conto di trovarsi di fronte ad un burlone»
Leo, papà di due bimbi: «A volte la gente mi guarda con timore, ma poi quando mi conosce si rende conto di trovarsi di fronte ad un burlone»
L’anima ha un’ottima vista, mentre gli occhi a volte ingannano. Anche gli «apparentemente duri» hanno il cuore tenero, e ce lo dimostra Leonardo De Grandis, ex motociclista casteldazzanese; un gigante buono pieno di tatuaggi e piercing. Se è vero che l’abito fa il monaco, questa è l’eccezione che conferma la regola: «Sì - racconta l’uomo - a volte la gente mi guarda con timore, ma poi quando mi conosce si rende conto di trovarsi di fronte ad un burlone».
Leo, come lo chiamano gli amici, oltre ad essere un tatuatore che disegna con anima e cuore, e non per moda, come lui stesso asserisce, si occupa attivamente di volontariato e specifica: «Tempo fa mi ero affiancato ad un gruppo denominato “Nomadi Fan Club” di Vigasio, e il nostro scopo era quello di organizzare feste ed eventi di beneficenza per aiutare soprattutto i disabili per i quali acquistavamo delle carrozzine sulle quali facevamo apporre il nostro logo, oppure portavamo il ricavato personalmente nei centri che ospitavano questi ragazzi. Purtroppo questo gruppo si è sfaldato ed è stato proprio in quel momento che mi sono avvicinato agli “Amici di Abeo”, ai quali mi fa un immenso piacere dedicare un po’ del mio tempo in servizi di volontariato durante i loro eventi benefici».
Il suo primo tatuaggio Leo lo fece a 14 anni a Rimini, 30 anni or sono; era il suo segno zodiacale, lo scorpione: «All’epoca farsi tatuare non era una moda, ma un simbolo di diversità, anche se spesso la gente gridava allo scandalo perché i tattoo erano definiti un marchio per delinquenti. Ciò che mi ha spinto a continuare a rivestire il mio corpo è stata la passione, il desiderio di collezionare dei totem come chi colleziona francobolli, nulla di più». Leonardo, papà di due bambini, Sara e Matteo, ha confessato: «Non posso dire quanti siano i tatuaggi impressi a vita sul mio corpo, ormai sono diventati un’unica opera. Però ne possiedo uno piccolino che spicca davanti ai miei occhi di padre e che mi fece mia figlia in età di asilo: un paio di anni fa nel mio studio, le diedi tutto il necessario e lei scrisse il suo nome su di me».
Un uomo semplice, un padre orgoglioso, ma con un pezzo di cuore rivolto ai meno fortunati: «Abbiamo la grande fortuna di stare bene, non ci costa nulla dedicare del tempo per aiutare chi è in serie difficoltà. Ai miei figli voglio soprattutto insegnare l’educazione e l’umiltà. Ci sono troppe persone insensibili e maleducate, anche tanti ragazzini purtroppo, e questo mi dispiace sinceramente».