Ugo Tesini: professione atleta, sfidando gli scettici
La storia del campione di lancio del peso, di Quaderni, cui il destino sottrasse la partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo all’apice della carriera

La storia del campione di lancio del peso, di Quaderni, cui il destino sottrasse la partecipazione alle Olimpiadi di Tokyo all’apice della carriera
A Quaderni è vissuto un atleta che indossò 4 volte la maglia della nazionale, a cui però un destino beffardo ha sottratto il sogno delle Olimpiadi. Siamo nel 1963, e Ugo Tesini, nato nella frazione il 23 agosto 1938, è da alcuni anni nella triade dei più grandi atleti italiani nel lancio del peso, insieme a Silvano Meconi, «l’uomo da battere», primatista nazionale per diversi anni, e Mario Monti, su cui invece prevalse più volte. Dal settembre 1958, quando debuttò lanciando un peso da 5 chili a 17,17 metri di distanza, misura che gli valse il primo posto alle «Popolari di atletica», la sua carriera era stata un crescendo di risultati: «In ogni nuova competizione raggiungeva una misura maggiore - racconta orgoglioso il figlio Michele - grazie a tanta disciplina e innumerevoli ore di allenamento. Sottolineava sempre che i suoi risultati erano stati raggiunti “a pastas ciutte”, ovvero in modo pulito, mangiando sano e lavorando sodo. Per allenarsi aveva fatto fare una pedana negli impianti sportivi di Quaderni, sfidando lo scetticismo di chi gli diceva: “Perché non ti trovi un lavoro vero?”».
Il 1962 fu un anno particolarmente denso, con il secondo posto dietro Meconi alla «Pasquetta dell’atleta» e ai campionati nazionali di società e assoluti. Ma non solo: nello stesso anno fu convocato e vinse per la prima volta in nazionale, a Sabbadel, fece registrare il suo record personale (16,02 metri con la sfera standard da 7,257 kg) e debuttò nella «Pro patria San Pellegrino», che allora era la squadra italiana di atletica più prestigiosa. Anche l’anno successivo non mancò di riservargli grandi soddisfazioni: «Con la maglia della nazionale - prosegue Michele - gareggiò con i mostri sacri della specialità, gli statunitensi Matson e Steinhauer, e incontrò in gara anche il grande discobolo, campione olimpionico, Adolfo Consolini che, ormai a fine carriera, gareggiava anche nel peso. Contro Consolini vinse di un centimetro per un errore del giudice di gara che gli regalò un metro, ma Consolini accettò di buon grado la sconfitta commentando “E’ lo stesso perché sei un veronese”».
L’anno successivo si sarebbero disputate le Olimpiadi di Tokyo e tutto faceva presagire la sua partecipazione. Basti pensare che, come racconta il figlio, una sua mancata convocazione in nazionale in quegli anni fece scalpore nel mondo della disciplina. Eppure Tesini non vide Tokyo: qualche giramento di testa durante gli allenamenti, un controllo medico e la scoperta di soffrire di una nefrite compromisero la sua carriera, imponendogli di rallentare i ritmi di allenamento e così, gradualmente, suo malgrado abbandonò il lancio del peso. «Veder sfumare la partecipazione alle Olimpiadi fu il grande cruccio di mio padre, che lo ha accompagnato finché non è morto, nel 2005. Lasciata l’atletica, si diede con passione all’agricoltura, lavorando i terreni ereditati proprio in quegli anni dalla famiglia materna».