Strage Castel d’Azzano

Una settimana dopo la strage di Castel d’Azzano: silenzio e fiori in via San Martino

A dieci giorni dalla tragedia che ha colpito l’Arma e commosso l’intero Paese, a Castel d’Azzano resta un silenzio che parla più di mille parole

Una settimana dopo la strage di Castel d’Azzano: silenzio e fiori in via San Martino

Oggi, venerdì 24 ottobre 2025: sono passati 10 giorni da quella tragica notte, e il cielo li piange ancora. In via San Martino 39, a Castel d’Azzano, l’imponenza dell’intervento dei militari dell’Arma dei Carabinieri e la tragedia che ne è seguita hanno lasciato un segno profondo: oggi il luogo sembra trattenere il respiro, in attesa di ritornare alla normalità.

 

Davanti alla casa sotto sequestro

Ecco come si presenta agli occhi della strada: l’edificio sottoposto a sequestro penale ai sensi dell’articolo 354 del codice di procedura penale, ancora avvolto in un’atmosfera sospesa.

I sigilli e i nastri della misura di sicurezza, l’ordinario cartello con la dicitura “Sequestro penale ex art. 354 c.p.p.”, mostrano che l’immobile momentaneamente è ancora oggetto di indagine e nessuna persona non autorizzata può entrarvi senza il permesso dell’autorità giudiziaria.

Si scorgono fiori, lettere, lumini, mentre la vita del quartiere intorno prosegue, ma in tonalità più basse, come se si rispettasse un tacito dolore. Le macchine che ci passano davanti rallentano, qualcuno fa il segno della croce in segno di rispetto, qualcun altro si ferma per scattare delle foto di quello che rimane di quell’abitazione.

 

I commenti della comunità

Nel giro di cento metri da via San Martino 39, la vita sembra proseguire come sempre, ma la ferita è ancora aperta. Alla pasticceria Gragnato, una delle caffetterie migliori della zona, non mancano le conversazioni che tornano su quella notte. Nonostante sia passata una settimana, è ancora un argomento presente: tra un caffè e un bianco, si abbassano le voci, si scuotono i capi, si cerca di capire come sia potuto accadere.

Una cliente ci racconta:

“Non è più lo stesso. Girando spesso a Castel d’Azzano me ne sono resa conto, l’aria che si respira dal giorno della strage non è più la stessa: è pesante e sospesa. Non conoscevo i Fratelli Ramponi, e forse è meglio così.”

 

Le vittime della tragedia

L’intervento di polizia giudiziaria presso il casolare di via San Martino 39 si è trasformato in una strage Mentre le forze dell’ordine stavano eseguendo un accesso congiunto, Carabinieri, Polizia e Vigili del fuoco, gli occupanti hanno fatto esplodere l’edificio saturato di gas, travolgendo e uccidendo tre militari dell’Arma: Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello.

I tre carabinieri deceduti

L’onda d’urto è stata avvertita a chilometri di distanza: tredici persone, tra agenti, vigili e pompieri, sono rimaste ferite. L’esplosione ha distrutto completamente il casolare, trasformando quella che doveva essere una normale operazione di sgombero in una delle pagine più buie della cronaca veronese.

I fratelli Ramponi e le indagini

Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Verona hanno rivelato che i fratelli Dino, Franco e Maria Luisa Ramponi avevano già in passato tentato di riempire la casa di gas per ostacolare gli sfratti. Nella loro abitazione, occupata abusivamente da anni, sono state trovate bombole di gas e bottiglie molotov pronte all’uso.

Tre fratelli Ramponi

Secondo gli inquirenti, il gesto sarebbe stato premeditato: un’azione disperata per impedire l’ennesimo sgombero e ribadire la volontà di non lasciare quella casa che consideravano loro. Le accuse ipotizzano il reato di strage, mentre proseguono gli accertamenti tecnici per chiarire la dinamica esatta dell’esplosione.

Il difficile ritorno alla normalità

Quanto può valere la normalità dopo un evento simile? Davanti ai nastri bianchi e rossi del sequestro, al colore dei fiori posti dentro vasi uno accanto all’altro, la domanda resta: come si fa a guardare avanti?

Via San Martino 39 è oggi un simbolo: di lutto, di indagine, di comunità che tenta di riprendere fiato. La speranza è che, prima o poi, quel silenzio che ora sembra gravare possa trasformarsi in un nuovo inizio.