Unione di pittura e musica, quel «geniaccio» di Rudari
A tu per tu con l'artista bussolenghese, uno dei personaggi più interessanti del panorama europeo: le sue performance live sono richieste in tutto il mondo

A tu per tu con l'artista bussolenghese, uno dei personaggi più interessanti del panorama europeo: le sue performance live sono richieste in tutto il mondo
A Bussolengo vive un genio e non tutti lo sanno. Macché esagerazione: Serafino Rudari rappresenta uno dei casi più interessanti di commistione tra arti grafiche e sonore. Classe 1974, convive con una donna svizzera, Prisca Sara, e ha una figlia di sei mesi, Elisabetta. Il suo primo contatto con l’arte avviene quando ancora non sa stare in piedi: «Mio nonno Serafino, che era nato a fine ‘800, era un pittore e si dedicava anche alle decorazione di interni secondo i gusti di allora, liberty, decò, art nuveau.
Poi dopo la Prima guerra mondiale la sua attività divenne più “industriale” e quando ebbe l’età, anche mio padre iniziò a lavorare con lui. Così sin da piccolo mi sono ritrovato tra pennelli e colori, e ho subito iniziato a fare esperimenti. Nel frattempo mia mamma voleva che studiassi pianoforte, e me lo impose fino a quando mollai perché non mi piaceva. Il ritorno di fiamma per la musica fu a 15 anni, quando mi iscrissi all’accademia di Bussolengo». Diplomato geometra e abbandonata subito la facoltà di Architettura, Serafino si lascia travolgere dalla commistione tra note e colori: «Tutta la mia vita è stata un alternare momenti più musicali a quelli più “pittorici”. Sono linguaggi unviversali, e anche adesso mi esprimo a seconda del linguaggio migliore per raccontare una storia».
Rudari entra così nel mondo della produzione musicale, nel periodo a cavallo tra l’analogico e il digitale, lavorando in grandi case come la Dea Recors a Legnago e Firts Popo Record di Verona. Nel 2004 l’ennesimo cambiamento: lascia la musica e si dedica a tempo pieno alla pittura, ma il tarlo rimane: si può portare la musica sulla tela e i colori nella musica, creare opere d’arte che abbiano dentro i due linguaggi e che si abbeverino dalle emozioni suscitate nelle persone che assistono alle performance live? Questo dubbio è deflagrante: costituisce un gruppo di lavoro con videomaker, fotografi e musicisti. Riesce nell’impossibile: amplificare gli oggetti della pittura, microfonare i pennelli, le tele stesse. E affidarsi alle emozioni e all’improvvisazione.
L’ultima frontiera è quella di «regalare» un «pezzo» dello spettacolo: «Le mie tele sono frammentate, sono composte da elementi. A seconda della location e della storia che racconto, finito di dipingere “frammento” la mia opera e la regalo ai presenti: al Museo Nicolis abbiamo usato una tela composta da pistoni per esempio, che alla fine abbiamo donato ai presenti». Serafino e il suo gruppo si sono esibiti in ogni parte del mondo: dai magazzini Harrods di Londra a Dubai, da San Pietroburgo a Praga. E questa estate farà ritorno in paese: «Il Comune mi ha coinvolto nella rassegna di Villa Spinola. Il tema sarà quello di San Valentino come figura storica» anticipa Rudari. Alla sua città ha grande tela dedicata alla storia di Bussolengo, commissionata da un collezionista locale.