Elezioni Lavagno 2019 ecco Burato il "pragmatico"

Il 65enne corre con una civica di centrodestra e non le manda a dire agli avversari: «Sponda? Non mi pare all’altezza del compito. Di Michele chi?».

Elezioni Lavagno 2019 ecco Burato il "pragmatico"
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Elezioni Lavagno 2019 ecco Burato il "pragmatico". Il 65enne corre con una civica di centrodestra e non le manda a dire agli avversari: «Sponda? Non mi pare all’altezza del compito. Di Michele chi?».

Elezioni Lavagno 2019 ecco Burato il "pragmatico"

Palmerino Burato, 65 anni, è certamente un uomo del «fare» più che del «dire». Al «parlare» preferisce «fare», al «discutere» l’«agire», alla politica le professioni. Imprenditore di lungo corso, è titolare della Tecnoest, azienda del settore elettrico e metalmeccanico. Però, prima di «fare», vuole dirne un paio agli altri candidati, su tutti a David Di Michele, che a San Bonifacio Week lo aveva dipinto come «bravissimo imprenditore ma zero esperienza amministrativa ed operativa sul territorio»: «Ma Di Michele sa cosa vuol dire gestire dalla “a” alla “z” tre aziende? Sa cosa vuol dire rispetto ad un Comune, che al massimo ha una decina di dipendenti? Be’ gli rispondo che ho sempre mandato avanti le mie aziende senza aiuti, ma forse non sa di cosa io stia parlando. E sull’operatività sul territorio - continua Burato - occupandoci di impianti tecnologici conosciamo palmo a palmo ogni centimetro di comune, e siamo pronti ad intervenire dove e quando serve immediatamente. Quindi lezioni non ne accetto da nessuno» spiega Burato, che nel 1973 indossò anche la divisa della Benemerita come ausiliario per 15 mesi, prima di dedicarsi definitivamente alla sua passione, l’elettrotecnica.

"Più azienda e meno politica"

L’imprenditore ci spiega come vorrebbe una mentalità più «aziendale» e meno «politica» all’interno del Comune: «Lavagno negli ultimi 10 anni ha perso un potere imprenditoriale enorme, e la parte commerciale è ridotta ai minimi. Io credo che ora, dopo il politico, serva un professionista, qualcuno che conosca le dinamiche aziendali, che sappia avere a che fare con tutti, che faccia di più e parli di meno». Obiettiamo a Burato che la gestione di un Comune deve far fronte a bilanci limitati e a vincoli di spesa che a volte un’azienda privata non ha: «No, i soldi ci sono, vengono spesi male. Vorrei metterci il naso... in ogni caso, anche durante la crisi, io non ho mai lasciato a casa un dipendente, nemmeno per mezza giornata. Questo vuol dire che quando si vuole, le cose si fanno».

Il messaggio alle frazioni

Burato non accetta etichette, ma la sua lista civica tende verso il centrodestra. Gli chiediamo cosa si aspetta da queste elezioni e se, in caso di insuccesso, è pronto ad una delusione: «Non fa parte del mio dna, anche se perdessi non ci rimarrei male, io non mi fermo davanti all’ostacolo. Per me sarebbe già un successo far cambiare mentalità a chi si accinge ad entrare in Comune: bisogna essere meno campanilisti, e mi rivolgo alle frazioni, e concentrarsi tutti insieme su poche cose ma reali e con impatto diretto sulle persone: sicurezza, anziani, viabilità. Noi vogliamo portare gente che si dedichi anima e corpo a tre-quattro problemi cronici di questo luogo».

Il giudizio sui competitor

Punzecchiamo il candidato sui suoi competitor, chiedendogli di darci una breve definizione di ognuno: Alessandra Sponda: «Bravissima ragazza, l’ho conosciuta in questi giorni. Purtroppo la trovo impreparata a navigare nelle acque della gestione comunale. Per amministrare serve la cultura del contadino, del commerciante, dell’industriale. Bisogna conoscere il mondo, non scoprirlo da sindaco». Marco Padovani: «Lo conosco da una vita, è un amico, una persona serissima, non posso dire niente di lui». Ma basta insistere un attimo: «Be’, ha il difetto che è di sinistra, e quelli di sinistra di solito sono un po’ inconcludenti». E, infine, David Di Michele: «Di Michele chi?». Scusi? «Non so da dove sia sorto, pare dal nulla. Si è insediato ad ogni livello nel nostro comune, e non so dove voglia arrivare» conclude Burato, che poi annuncia di voler accettare l’invito degli altri candidati ad un incontro pubblico».

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