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Violenza sulle donne: in provincia di Verona ben 291 casi da gennaio a settembre 2020

Una donna che è vittima di violenza si sente sola, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per sé stessa e per i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta, di essere giudicata.

Violenza sulle donne: in provincia di Verona ben 291 casi da gennaio a settembre 2020
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Problematica ancora diffusa.

Violenza di genere, un crimine

Il Capo della Polizia, Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Franco Gabrielli, apre la pubblicazione realizzata dalla Direzione centrale della polizia criminale in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre 2020. Gabrielli ha affermato:

“La violenza di genere è un crimine odioso che trova il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una problematica di civiltà che, prima ancora di un’azione di polizia, richiede una crescita culturale. E’ una tematica complessa che rimanda ad un impegno corale. Gli esperti parlano di approccio olistico, capace di coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle Istituzioni, alla scuola, alla famiglia”.

Analisi specifica

L’obiettivo è quella di fornire un’analisi specifica dei dati disponibili provenienti da tutte le forze di polizia perché “ogni strategia complessa, che risente peraltro di retaggi culturali completamente superati, di stereotipi e pregiudizi, deve fondarsi su di un’approfondita conoscenza delle problematiche, basata su di un solido patrimonio informativo”, sottolinea Vittorio Rizzi, alla guida della Direzione centrale della polizia criminale che ha preparato la pubblicazione.

In provincia di Verona nel 2020 da gennaio a settembre 2020 si sono registrati 72 atti persecutori, 176 maltrattamenti contro familiari e conviventi, 43 violenze sessuali. Nel 2019 invece gli atti persecutori erano 115, i maltrattamenti contro familiari e conviventi invece 157 e le violenze sessuali erano 49.  Si sono inoltre registrati 3 omicidi.

Campagna “Questo non è amore”

La campagna “Questo non è amore” avviata nel 2016, è diventata nel 2017 un’iniziativa permanente sviluppata dalle Questure, allo scopo di informare e, soprattutto, aiutare l’emersione delle situazioni di violenza, grazie ad un approccio attento e proattivo verso l’utente, offrendo alle vittime il contatto con personale specializzato.

Alla base di tale campagna risiede una domanda: cosa si aspetta una donna vittima di violenza?
Una donna vittima di violenza si aspetta sicuramente protezione e indagini che portino presto ad avere giustizia, ma non solo. Una donna che è vittima di violenza si sente sola, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per sé stessa e per i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta, di essere giudicata. Il poliziotto a cui chiede aiuto deve saper rispondere al dolore di chi ha subito maltrattamenti e abusi, consapevole che il più delle volte l’aggressore è una persona a cui la donna è legata da vincoli affettivi. Non basta applicare la legge, ma è necessario assicurare alla donna accoglienza, informazioni e il sostegno necessari a sfuggire dalla condizione di soggezione emotiva e di isolamento psicologico che sta vivendo.
E' proprio questo approccio, che va ad incidere sull’aspetto umano prima ancora che su quello giuridico, a spingere la Polizia di Stato a promuovere la campagna “Questo non è amore”, contro la violenza di genere. Le donne che subiscono atti di violenza hanno, così, un modo in più per parlarne e trovare aiuto.
Nell’attuale contesto di emergenza epidemiologica, la Polizia di Stato ha dato impulso ad una nuova importante iniziativa finalizzata alla gestione delle richieste di aiuto delle vittime di violenza, attraverso l’implementazione della APP della Polizia di Stato “YouPol”, con la quale i cittadini possono comunicare, anche in modo anonimo, con le Sale Operative delle Questure per segnalare situazioni di disagio e trasmettere messaggi e immagini.

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