La disperata lotta di Chiara per non essere sopraffatta: morta per aver ingerito la candeggina?
L'autopsia esclude che il decesso della 27enne sia stato causato da una "spinta" dovuta a un raptus improvviso: nell'appartamento c'è stata una violenta colluttazione.
Delitto di Calmasino, emergono i primi riscontri dall'autopsia sul corpo della povera Chiara Ugolini.
La disperata lotta di Chiara per non essere sopraffatta
Ha lottato con tutte le sue forze per resistere a quella furia scatenata. Ha cercato in ogni modo di respingerlo e, proprio per questo, sul corpo della povera Chiara Ugolini c'erano i segni inequivocabili di quella drammatica colluttazione: traumi alla nuca, al torace e all'addome, ma anche ad organi interni.
E' quanto emerge dai primi riscontri dell'autopsia eseguita ieri, mercoledì 8 settembre 2021, sul cadavere della 27enne di Calmasino. Risultanze comunicate in serata dal medico legale Giovanna Dal Balzo al pubblico ministero Eugenia Bertini e al procuratore aggiunto di Verona Francesco Bruni. Che tra l'altro smentiscono l'ipotesi di un'aggressione impulsiva, una sorta di "raptus" fatale, da parte del suo assassino, Emanuele Impellizzeri, che a caldo aveva proprio dichiarato di "averla spinta" e "fatta cadere a terra".
Il ruolo decisivo della candeggina
L'esame autoptico racconta invece un'altra storia, ovvero quella di un delitto commesso con "estrema crudeltà" e per "motivi abbietti". Di più: il 38enne pregiudicato, dopo essersi intrufolato nell'abitazione di Chiara e averla assalita, le ha tappato la bocca con lo straccio imbevuto di candeggina, trovato poi vicino al corpo della ragazza. Proprio per impedirle di urlare durante la lotta.
Resta però ancora da chiarire se l'uomo, la candeggina, sia riuscito anche a farla ingerire alla 27enne. Non è un dettaglio di poco conto perché, nonostante tutti i rilievi eseguiti sul corpo di Chiara, non è ancora certa la reale causa del decesso: le lesioni riscontrate (anche in organi interni) non bastano da sole a motivare la morte della ragazza. Ecco perché, se la giovane fosse stata costretta con la forza a ingerire candeggina dal suo assassino, ogni dubbio sarebbe immediatamente fugato.
Il 38enne non parla e resta in carcere
Intanto Impellizzeri, a Firenze dove la sua fuga è stata bloccata lungo la A1, non ha risposto alle domande del Gip, avvalendosi della facoltà di non rispondere ("Non perché non voglia collaborare, ma perché ancora sconvolto", ha dichiarato il suo legale). Resta in carcere al momento. Data la natura dell'aggressione, l'ipotesi più probabile in relazione al movente resta quella di un delitto a sfondo sessuale. Gli atti del procedimento sono stati ora trasmessi per competenza al Tribunale di Verona.