È arrivata questa mattina, 22 ottobre 2025, la sentenza della Corte d’Assise di Brescia per Ruben Andreoli, accusato di aver ucciso la madre Nerina Fontana, 72 anni, nel settembre 2023 nella loro casa di Sirmione.
La condanna e la perizia psichiatrica
Andreoli, 45 anni, è stato condannato a 24 anni di reclusione, con il riconoscimento delle attenuanti generiche. Il pubblico ministero Ettore Tisato aveva chiesto l’ergastolo, mentre la difesa, rappresentata dall’avvocato Marco Capra, aveva invocato una pena che tenesse conto della possibilità di un percorso di rieducazione.
Davanti ai giudici, poco prima che la Corte si ritirasse in camera di consiglio, l’imputato ha rilasciato dichiarazioni spontanee, pronunciate con voce rotta:
“Ho fatto la cosa più brutta sulla Terra. Ho ucciso la mia mamma, non so come ho potuto. È stato un blackout di due minuti, sono esploso, non ho capito più niente”.
Una perizia psichiatrica, disposta nel corso del processo, ha escluso l’infermità mentale, pur rilevando una personalità con tratti disfunzionali.
Il delitto di Sirmione
Successe la sera del 15 settembre 2023 nell’abitazione di famiglia di via XXIV Maggio, civico 16, nel quartiere Todeschino di Sirmione, dove Andreoli viveva insieme alla madre e alla moglie.

Ruben, appassionato di motori e pilota di rally per il New Rally Team Verona, lavorava come magazziniere a Peschiera del Garda. Nerina Fontana, invece, era una donna conosciuta e stimata in paese: dopo una vita nel settore alberghiero, era in pensione e partecipava spesso alle attività del gruppo Alpini di Sirmione, mantenendo vivo il ricordo del marito Serafino, scomparso anni prima.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la lite scoppiò dopo settimane di tensione legate al desiderio di Andreoli di trasferirsi in Ucraina con la moglie, paese natale di quest’ultima. La madre, contraria al progetto, avrebbe espresso il proprio dissenso, generando un clima sempre più teso in casa.
La sera del 15 settembre, l’ennesima discussione degenerò: Andreoli aggredì la madre con calci e pugni, colpendola fino a farle perdere conoscenza. Alcuni vicini, insospettiti dai rumori e dalle urla, chiamarono i soccorsi. Quando i sanitari arrivarono sul posto, le condizioni della donna erano gravissime: morì poco dopo il ricovero in ospedale.
Un gesto senza spiegazione
Durante le indagini, Andreoli si è sempre definito “vittima di un blackout“, sostenendo di non ricordare nulla dei momenti in cui colpì la madre. Nel corso dell’interrogatorio di convalida, il 45enne scoppiò in lacrime dopo aver appreso della morte della donna, mantenendo poi il silenzio per il resto della notte.
Oggi, con la condanna a 24 anni, si chiude uno dei casi più drammatici degli ultimi anni nel Bresciano: un gesto estremo, scaturito da una lite familiare, che ha spezzato per sempre un legame di sangue.